di COLLETTIVO EURONOMADE

Nel manifesto-appello “Criminalizzazione della solidarietà, diritto alla fuga, città solidali” che diffondemmo circa due mesi fa all’indomani del sequestro della nave umanitaria Proactiva Open Arms da parte delle autorità italiane, individuavamo nelle “città solidali”, ossia nello “strato diffuso di associazioni, movimenti, gruppi spontanei e singoli cittadini solidali” che anima le città e metropoli contemporanee, la possibilità concreta di un’alternativa politica e culturale all’involuzione autoritaria e nazionalista in corso in Italia e in altri paesi occidentali. I migranti e coloro che si riconoscono in altre confessioni religiose, in particolare quella islamica, sono diventati i capri espiatori della profonda crisi economica e sociale che ha investito il mondo occidentale nell’ultimo decennio, dopo il crack finanziario del 2008 negli Stati Uniti e la successiva crisi dell’eurozona nei primi anni 2010.

In Italia, con rare e in verità poco significative eccezioni sul piano elettorale, tutte le forze politiche hanno contribuito attivamente alla sempre più estesa campagna securitaria e xenofoba che ha caratterizzato il dibattito pubblico negli ultimi anni. All’interno del risorto centro-destra la Lega – messa da parte la propria caratterizzazione regionalista a favore di una linea politica apertamente nazionalista – ha acquisito un’egemonia che a ogni tornata elettorale appare sempre più incontrastata. Il Movimento Cinque Stelle, il primo partito italiano per numero di consensi nelle recenti elezioni parlamentari, già prima del cosiddetto “contratto di governo” con la Lega aveva fatto largo a una leadership nazionale che tradiva la sua originaria sensibilità per i diritti umani: le prime uscite pubbliche di Luigi Di Maio nell’aprile del 2017 si erano distinte per affermazioni aggressive contro le organizzazioni umanitarie impegnate nel soccorso dei migranti definite oltraggiosamente “taxi del mare”. Infine, il Partito Democratico oggi si dice pronto a mettersi alla guida di un “fronte repubblicano” in opposizione al “governo populista” ma nel periodo immediatamente pre-elettorale si era distinto per ben altre iniziative: nel disperato tentativo di arginare il calo vertiginoso di consensi, le cui cause erano da ricercare nelle politiche anti-popolari sulle pensioni e sul lavoro da esso stesso messe in atto, si era disciplinatamente allineato al credo revanchista della Lega e della nuova leadership dei Cinque Stelle con l’approvazione del Codice Minniti per le organizzazioni umanitarie attive nel Canale di Sicilia e con un attacco violento ai diritti dei rifugiati e dei migranti guidato dallo stesso Minniti. Un tassello di questo attacco è stata una più ampia torsione autoritaria nella gestione del cosiddetto ordine pubblico, tramite il varo del cosiddetto “Daspo urbano” e singoli atti che hanno scosso l’opinione pubblica democratica come lo sgombero violento di circa settecento stranieri residenti in Piazza dell’Indipendenza a Roma. D’altro canto, anche alla sinistra del PD, all’interno di forze e aree politiche variegate, abbondano posizioni ambigue, che indugiano nel vagheggiare un’improbabile quanto velleitaria versione di sinistra del sovranismo nazionale oggi dominante.

Nel quadro certo non incoraggiante di “stabilizzazione reazionaria” – come lo abbiamo definito – emerso dal voto del 4 marzo, un elemento di rottura che riaccende le nostre speranze ha iniziato a prendere forma in questi giorni, in risposta alla decisione del Ministro degli Interni Salvini (Lega) e del Ministro per le Infrastrutture Toninelli (Cinque Stelle) di rifiutare l’accoglienza nei porti italiani della nave Aquarius, che ospita a bordo circa 600 migranti: un atto assolutamente inaccettabile di egoismo nazionale e disumanità, contrario alle convenzioni di diritto internazionale cui l’Italia aderisce. I sindaci di importanti città portuali come Napoli, Palermo, Messina, Reggio Calabria, Taranto e Cagliari – espressioni di diverse coalizioni politiche – si sono dichiarati pronti a disobbedire alle direttive del governo nazionale, aprendo i propri porti alle operazioni di soccorso umanitario. Anche all’interno del Movimento Cinque Stelle si stanno manifestando tensioni e contraddizioni, evidenti ad esempio nelle dichiarazioni favorevoli all’accoglienza del sindaco di Livorno Nogarin, pur velocemente “ritirate”. L’analoga iniziativa assunta dai sindaci di Barcellona e Valencia dà immediatamente rilievo sovranazionale ed europeo a un appello alla disobbedienza che prefigura una diversa pratica di accoglienza e di solidarietà a partire dai territori urbani e metropolitani.

Quest’importante e coraggiosa iniziativa conferma la convinzione con la quale chiudevamo il manifesto-appello dell’aprile scorso secondo cui “a partire dalle città e metropoli, ma anche dai luoghi di frontiera come la Val di Susa, è possibile lanciare una sfida alla criminalizzazione della solidarietà cui oggi si assiste e, al tempo stesso, dare avvio a un più ampio processo costituente capace di ridefinire l’idea e l’esperienza stessa di Europa e di globalizzazione”. La scelta di disobbedienza proposta dai sindaci che abbiamo ricordato deve ora risuonare e articolarsi con le mobilitazioni e le lotte che attorno al tema delle migrazioni continuano a prodursi quotidianamente. L’immediata mobilitazione di NonUnadiMeno, e di molte reti cittadine raccolte negli hashtag come #apriamoiporti, contro la chiusura dei porti italiani alla Nave Aquarius in molte città italiane si colloca in questo senso in una linea di continuità con la risposta dei migranti all’omicidio di Soumaila Sakko in Calabria e anticipa le manifestazioni previste a Roma, il 16 giugno, e a Ventimiglia, il 14 luglio. Attorno a queste e ad altre date spetterà allo strato diffuso di associazioni, movimenti e realtà istituzionali variamente impegnate nel movimento di solidarietà e cooperazione con i migranti mettere in campo una vasta mobilitazione popolare che riaffermi l’antirazzismo e la solidarietà internazionale quali valori costitutivi di un’Europa liberata da guerre e frontiere esterne.

 

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