Il nuovo numero della (nuova rivista) Letteraria, dedicato alle Grandi Opere Dannose Inutili e Imposte, ci sembra importante e opportuno davanti al moltiplicarsi delle lotte e resistenze nei confronti della devastazione ambientale. Ne riproduciamo l’editoriale di Wu Ming 1, seguito da una sua breve intervista.

Letteraria va avanti con l’amore degli insorti (di Wu Ming 1)

Lo dicemmo nel maggio 2012, subito dopo la morte del nostro fondatore e direttore Stefano Tassinari. L’annuncio riprendeva il titolo del suo romanzo più bello – e della lunga poesia che irrompeva in quella prosa aprendovi uno squarcio, hanno ripreso la città / mi tocca dirti piano / e dove stavamo noi ora ci sono loro / a ripulire i muri col bianco del respiro / sottratto al nostro tempo di incerti pensatori.1

Maggio 2015. La città è sempre in mano nemica, lo è più che mai, eppure qualcuno resiste – e i muri continuano a parlare. Vede, in questo Paese non siamo stati tutti estranei uno con l’altro, anche in assenza di rapporti diretti. Ha presente il racconto di Julio Cortázar intitolato Disegni sui muri? No, è chiaro, non avrei nemmeno dovuto chiederglielo. Fa niente… comunque è la storia di due giovani che non si sono mai visti e che, in piena dittatura dei militari argentini, comunicano tra loro scrivendo messaggi sui muri del quartiere in cui vivono. Ogni notte escono di casa per tracciare quelle frasi che, puntualmente, il mattino dopo, vengono cancellate da vigili e poliziotti…2

Letteraria1Letteraria ha resistito, è ancora qui, ma essere ancora qui non basta. O almeno, noi non siamo gente che si accontenta. Per questo abbiamo deciso di rilanciare.
Questo è il primo numero di una nuova serie. Ci trasformiamo, per esprimere ancor meglio lo spirito della nostra parola d’ordine: letteratura sociale. Cerchiamo la letteratura nel conflitto sociale e il conflitto sociale nella letteratura. La realtà affrontata con tecniche letterarie, le tecniche letterarie alla prova della realtà. Che naturalmente comprende anche il sogno, la visione, i fantasmi, e tavoli che danzano gambe all’aria.
I cambiamenti li noterete sfogliando, leggendo. Numeri interamente monografici, più coesi e contundenti, utili – almeno speriamo – nelle battaglie che ci attendono per liberare la città. Convergenze e dialoghi tra testi e fotografie. Nuovi collaboratori – alcuni, come suol dirsi, prestigiosi – gomito a gomito con quelli «tradizionali». E tanti dettagli che è superfluo elencare qui. Altri cambiamenti seguiranno; il collettivo non si farà mancare gli esperimenti.
«Collettivo» è la parola che più abbiamo usato in questi mesi. Ha sostituito «redazione». Un collettivo che vuole esistere anche al di fuori della rivista e tra un numero e l’altro, come ambito di discussione sia inter nos sia rivolta all’esterno, e come organizzatore di iniziative pubbliche: serate tematiche, reading, incontri di vario genere che partano dal tema affrontato nell’ultimo numero e/o, viceversa, annuncino il tema da affrontare in quello a venire. La rivista vivrà se rafforzeremo gli scambi tra noi e con altri, se si farà sempre più intenso confronto più intenso tra noi e con altri.
Per avviare la nuova serie abbiamo scelto un tema che più attuale non potrebbe essere: le Grandi Opere Dannose Inutili e Imposte, con tutti gli annessi e connessi: le molteplici aggressioni al territorio, la hybris demenziale di archistar e costruttori, le lotte dal basso contro le ecocatastrofi e la corruzione sistemica, per il diritto al paesaggio e alla città – proprio nel senso di civitas.
Più attuale non potrebbe essere. Mentre discutevamo e scrivevamo, su quel fronte sono accadute molte cose: l’ennesimo scandalo ha spedito in carcere il più importante dirigente del ministero dei lavori pubblici e provocato le dimissioni del ministro. Poco tempo dopo, si è dimesso il presidente dell’ANAS. Gli stessi governanti che da poco hanno partorito il decreto «Sblocca Italia» e sin qui hanno difeso a spada tratta le peggiori Grandi Opere, a cominciare dal TAV Torino-Lione, ora si esibiscono in dichiarazioni virtuose, dicono che con le Grandi Opere si è esagerato, che bisogna rivedere le priorità… E a modo loro sono bravi, non lo si può negare, anche se ad ammetterlo m’accorgo che il disprezzo mi sale fino al cielo, dove lo sento evaporare nel giro di un secondo, e subito precipitare come una pioggia di parole, che bagna nuovamente le mie strade preferite e rende impraticabile il cammino.3
Questo profluvio di buoni propositi è un segnale che la misura era colma, ed è un sintomo importante, ma appunto: un sintomo, non la cura. Illudersi non conviene, perché in Italia la misura è sempre colma, e al tempo stesso non sembra esserlo mai. Il grande sacco dei territori non verrà interrotto da alcuna generosa concessione del sovrano, ma da conquiste strappate con la partecipazione, la resistenza, la ribellione.
E di che altro dovrebbe occuparsi una rivista di letteratura sociale? Cos’altro dovrebbe raccontare, se non quella forza
del tutto resistente alla vernice bianca dell’ottusità
che nasce dall’avere le stesse idee
a pochi isolati di distanza?4

Buona lettura.

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Tre domande a Wu Ming 1

Questo numero di Letteraria inaugura una nuova serie. In cosa la rivista è cambiata, e quali percorsi intende percorrere?

La trasformazione è appena cominciata, ma diversi elementi di novità li abbiamo già introdotti. Questo numero è interamente monografico, testi e immagini sono in costante dialogo/contrappunto, il tema unificante è annunciato sin dalla copertina… In generale, se vogliamo tagliare con l’accetta, il collettivo redazione si sta impegnando perché la rivista sia più dentro le lotte, chiaramente con il suo specifico, cercando di partire sempre dalla letteratura, in tutte le accezioni che il termine può avere.

Grandi opere: mentre comincia ad incrinarsi la retorica dell’Expo2015, continuano le lotte in Val di Susa e in altri luoghi minacciati dalla devastazione ambientale, voi parlate di Grande Opera Dannosa, Inutile e Imposta. Che cosa accomuna le GODII?

Di grandi opere pubbliche se ne sono sempre fatte, fin dalle prime strade, agli albori della storia. E nell’età della borghesia al potere, le grandi opere pubbliche sono sempre state attrattori di grossi affari. Tuttavia, è peculiare la centralità che ha assunto oggi nel funzionamento del capitalismo la Grande Opera Dannosa, Inutile e Imposta. Si possono usare molteplici chiavi d’ingresso al tema: il tumore degli appalti pubblici (su questo ha scritto cose imprescindibili Ivan Cicconi), la criminalità organizzata (che non si muove solo nell’illegalità, anzi), le risorse sperperate mentre cresce l’ineguaglianza, il ruolo dello stato come gendarme e carceriere che garantisce tale sperpero, lo sfruttamento devastante del territorio, il dissesto idrogeologico, la nocività dell’ambiente in cui viviamo, il prometeismo vacuo e privo di progetto che caratterizza l’ideologia borghese contemporanea… La GODII tiene insieme tutto questo.

Secondo te, secondo voi, è possibile che le singole resistenze alle Grandi Opere trovino una trama comune e riescano a generalizzare e condividere i percorsi di resistenza locali?

Se la GODII tiene insieme tutti i piani che dicevamo, la resistenza alla GODII deve fare lo stesso, deve opporsi a tutti gli aspetti della Grande Opera. Chiaro che non sempre si riesce. Non tutti i territori hanno le caratteristiche storiche e geografiche della Val di Susa, ideali perché si sviluppasse un movimento plurale, radicale, intelligente, competente e longevo, in grado di muoversi in tutti gli ambiti e di usare più linguaggi. Altrove la lotta è più difficile, proprio perché la Grande Opera aggredisce un territorio e chi ci vive su più livelli e da più direzioni, a volte chi la contrasta pone l’accento su un aspetto e non sugli altri. Credo che l’espressione che stiamo usando adesso incapsuli la risposta da dare: la Grande Opera non è solo dannosa, è anche inutile. E non è solo dannosa e inutile, ma è anche imposta dall’alto, nel disprezzo di chi ne subirà prima e di più l’impatto. Quando un movimento, anche piccolo, riesce a comunicare insieme e in modo chiaro queste tre cattive qualità, non dico che “il resto viene da sé”, perché non è vero, ma sicuramente è l’inizio giusto.

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  1. Qui il reading di Marco Baliani. 

  2. Stefano Tassinari, Assalti al cielo (romanzo per quadri), Perdisa, Bologna 2000, p. 77. 

  3. Ibidem, p. 86. 

  4. Ibidem, p. 78.