Di MARCO BASCETTA

Può accadere che un’ossessiva attenzione alle minacce insite nelle “teorie del complotto” si rovesci in un altro “complottismo” del tutto speculare. In questa trappola sembrano essere caduti diversi organi di informazione, commentatori ed esponenti politici.

L’allarme, esplicitato nella maniera più diretta dal quotidiano la Repubblica, riguarda l’esistenza di un disegno eversivo portato avanti dalla destra radicale infiltrando il non piccolo mondo dei renitenti al vaccino. Rischierebbe così di aprirsi una stagione di violenza politica e destabilizzazione terroristica delle istituzioni democratiche, che conta per il momento il solo grave episodio concreto dell’incursione squadrista nella sede della Cgil a Roma. Per il resto gli indizi del “complotto” coincidono con discorsi da avvinazzati e truculente minacce raccolte nella sentina della rete. Cui hanno fatto seguito diverse perquisizioni il cui esito non ha portato alla luce micidiali arsenali. Siamo insomma poco distanti da quel “toccherebbe ammazzarli tutti!” che non è raro sentir pronunciare in qualsiasi coda davanti alle poste, rivolto agli impiegati. Anche se, beninteso, dalla coda alla rete qualcosa cambia.

Che esistano frange neofasciste violente è fuor di dubbio, che in un contesto sociale reso insicuro, diffidente e impaurito dalle conseguenze della pandemia possano trovare un habitat favorevole è più che probabile, ma che ci troviamo sulla soglia di un’esplosione di violenza sovversiva è pura fantasia. Così come “il complotto dei complottisti”. L’enfasi posta sulla rilevanza di questi fenomeni ha spesso avuto come conseguenza la legittimazione di logiche e strumenti emergenziali poi utilizzati a tutto campo. Le limitazioni alle manifestazioni no-vax non resteranno circoscritte a quell’ambito e non riguardano, per ammissione stessa delle autorità, la sola sicurezza sanitaria. E lo stesso può dirsi del cumulo di imputazioni affibbiate ai manifestanti fermati.

Ma sono poi davvero i no-vax con le loro posizioni irrazionali e minoritarie o i no green pass, che nel rifiutare uno strumento piuttosto efficace indicano comunque i molti problemi connessi al suo utilizzo, a costituire il problema principale della lotta alla pandemia? L’ostacolo più grande al superamento di un’emergenza sanitaria globale? Non è molto credibile, per quanto queste resistenze possano essere influenti. La stucchevole retorica comunicativa che tutto imputa ai comportamenti soggettivi, alle idee bislacche, e al disprezzo per l’“interesse generale” in un coro unanime di forze politiche e mediatiche, ha origini tutt’altro che limpide.

I renitenti al vaccino nei paesi più ricchi sono una goccia di fronte al mare degli esclusi da ogni protezione vaccinale nel resto del pianeta, si ammalano in proporzioni incalcolabili e favoriscono l’insorgenza di sempre nuove varianti. Eppure non è con la stessa enfasi dedicata ai gruppuscoli complottisti che si denuncia il sostanziale fallimento perfino del programma caritatevole che avrebbe dovuto trasferire un numero peraltro insufficiente di dosi di vaccino dai paesi ricchi a quelli poveri. Per non parlare dei sacri principi della proprietà intellettuale che impediscono ogni sospensione dei brevetti, ogni decentramento della produzione e ogni alterazione del mercato farmaceutico. I no-vax globali sono installati nei governi e nei consigli di amministrazione.

Vi è forse un sostanziale ripensamento della sanità pubblica dopo decenni di smantellamento a favore del privato che non sia contingente o di facciata? Se c’è un esempio tipicamente nostrano della messa in scena sanitaria che finge di misurarsi con la catastrofe pandemica sono i posti in rianimazione moltiplicati per scongiurare il passaggio di colore e le conseguenti restrizioni, ma privi del personale necessario a farli funzionare, e che nessuno pensa minimamente di assumere. Il virus non ha scalfito il calcolo costi-benefici. Nei quali rientra ora l’isolamento dei non vaccinati per non compromettere il normale funzionamento delle attività economiche. Fino a misure di lockdown specificamente indirizzate ai non vaccinati in generale, come in Austria, o a determinate fasce di età come proposto in Francia. Misure inapplicabili se non al prezzo di un sistema di controllo sociale da incubo, e di una incontrollabile diffusione di reciproco risentimento fra diverse parti della cittadinanza.

Le teorie del complotto, nel loro paranoico sostituirsi alla critica razionale delle politiche di governo dell’emergenza pandemica, riconducono a una oscura trama i guasti prodotti dal normale funzionamento del sistema economico e sociale e dalla sua governance. Assolvendo così implicitamente la tecnocrazia che la esercita.

Fino a quando quest’ultima resterà al riparo da ogni espressione di conflittualità sociale e dalla formulazione di alternative politiche continueremo ad assistere a paradossali rovesciamenti di ruolo: una destra fautrice dello stato autoritario che invoca autodeterminazione e libertà; una sinistra che, convertita da tempo al liberalismo, reclama l’autorità dello stato prima e più della partecipazione democratica.

Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 19 novembre 2021.

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