Di ROBERTA POMPILI
Più che dai suoi libri la mia giovane età è stata influenzata dalla sua vita, dal suo esempio di compagno e dalle attività di rivoluzionario, dalla fondazione di Potere Operaio a quella della Autonomia Operaia. Se la sua era una presenza familiare le mie letture al contrario erano frammentate e i libri andavano e venivano. Ricordo che Macchina – Tempo finì come base per un lavoro di installazione artistica di un compagno dell’Accademia di Arte, Alan. Quando fui a casa sua, notando la pila di libri impilati a mo’ di colonna e il mio in fondo alla base, gli domandai: “ma cosa ci fa Toni Negri là?”
Dopo il 2002 era da poco uscito Impero e Toni rientrato in Italia era ancora in libertà vigilata. Mi procurai il suo contatto dalla Redazione del Manifesto per invitarlo a presentare il suo libro nel nostro Centro Sociale a Perugia. Quella sera il Centro Sociale ex Mattatoio ospitò centinaia di persone e dovemmo mettere le casse all’esterno del locale perché chi era fuori potesse ascoltare. Noi eravamo tanti ed emozionati. Il giorno dopo al nostro appuntamento al bar Toni, finita la colazione aprì il suo taccuino e mi chiese: cosa vi serve compagni? Aveva già pronto l’elenco di temi e di compagni e compagne da suggerirmi per fare del lavoro politico, ma aspettava da me osservazioni e suggerimenti. Cosa vi serve compagni?
I suoi libri ormai li divoravo e seguivo i suoi seminari e de* compagn* in giro per il paese: avevo iniziato da diverso tempo a collaborare con il collettivo teorico, ma ero più propensa alla discussione politica che non la scrittura di testi. Una sera dopo una scuola di Passignano, mi telefonò a casa e mi disse: è importante scrivere Roberta, non importa se la scrittura non sia precisa o sia solo abbozzata, perchè scrivere è come lanciare una bottiglia nel mare, qualcuno prima o poi la raccoglierà.
In questi anni ho avuto anche gentili tirate di orecchie: come quella volta che mi mandò una mail dopo un mio intervento eccessivamente drastico che esaltava il lavoro di Sara Ahmed e se la prendeva con la felicità in quanto prodotto neoliberale. Non ricordo precisamente le parole scritte, ma il senso era che la felicità è di certo cosa che appartiene al comune. E davvero la postura di un rivoluzionario è quella della gioia, quella che abbiamo imparato e condiviso con te nella nostra vita comune.
Con amore ciao Toni.