Di MARCO BASCETTA

Un milione e mezzo di persone in piazza, decine e centinaia di migliaia nelle grandi città, e ancora migliaia in una miriade di centri minori, cortei sospesi per eccesso di partecipanti, da est a ovest, da nord a sud con una sorprendente capillarità e una determinazione senza precedenti.

Questo è successo tra sabato e domenica nella Repubblica federale tedesca contro una destra estrema sempre più scoperta e aggressiva nei suoi intenti xenofobi e autoritari, soprattutto contro il partito che i sondaggi accreditano al secondo posto, sopra il 20%, e che rappresenta la sponda, il punto di riferimento e il raccoglitore di questo arcipelago di raggruppamenti identitari, islamofobi, antisemiti, neonazisti e nostalgici del Reich guglielmino. Quell’Afd che, nato come partito borghese incline all’egoismo nazionale, si è radicalizzato in direzione di un neofascismo non più solamente implicito.

Non sono stati però i partiti o le istituzioni a organizzare questa incredibile mobilitazione alla quale tutti hanno poi partecipato, dalla Spd alla Cdu-Csu passando per Verdi, Fpd e Linke, dal presidente della Repubblica Steinmeier al governatore della Bundesbank, ma una alleanza ad hoc di associazioni, gruppi di base e realtà di movimento che non ne potevano più di assistere passivamente all’ascesa dell’Afd verso posizioni di governo nei Länder dell’Est o addirittura verso un peso determinante nella politica federale.

L’immagine, restituita dai partiti di una grande mobilitazione unitaria di “gente per bene” in difesa dell’“arco costituzionale” è piuttosto fuorviante. Al contrario le manifestazioni dei giorni scorsi hanno trasmesso alle forze politiche un preciso messaggio: non è riconfezionando in formato democratico i temi che Afd colloca al centro della sua propaganda, che si combatte una involuzione autoritaria. Dal cancelliere Scholz che prometteva di procedere a «respingimenti in grande stile», alla passione verde per il riarmo, dai politici democristiani sempre all’inseguimento della destra sui suoi più insidiosi terreni, alle frange interne di Cdu e Csu che non vedono l’ora di collaborare con Afd, i partiti si sono mossi finora in direzione del tutto antitetica rispetto allo spirito delle mobilitazioni dello scorso fine settimana. Le quali non mostrano affatto di voler restituire credito all’attuale governo, risollevandolo dalla profonda crisi di gradimento in cui è precipitato, ma esprimono anche toni fortemente critici nei confronti dei partiti maggiori.

Vedremo nei prossimi giorni se e in qual modo l’insorgenza antifascista si incrocerà e interagirà con gli scioperi e le manifestazioni di contadini, ferrovieri, lavoratori della logistica contro la politica di austerità del governo di Berlino, magari tenendone lontane le infiltrazioni della destra radicale.

Quanto al bersaglio diretto delle manifestazioni, l’Afd, che molti vorrebbero messa fuori legge (ma è una procedura né semplice, né veloce e politicamente pericolosa), non sembra, secondo i sondaggi, aver minimamente risentito dell’ondata di proteste. La quale ha però evidenziato il livello di polarizzazione e di scontro che si produrrebbe nel caso che l’Afd si avvicinasse in una forma o nell’altra al potere. Il radicamento profondo della destra è ormai un dato di fatto e c’è poco da illudersi sulla possibilità di riconquistare la maggior parte di quanti si sono schierati da quella parte a uno spazio politico democratico.

La presa di parola dal basso, nelle incredibili proporzioni che abbiamo visto in Germania, non sembra prevedere mediazioni, timidezze né opportunismi elettorali, e ha ben messo in chiaro dove, in quali comportamenti e su quali temi il nuovo fascismo si annida e si manifesta.

Ne potremmo trarre qualche insegnamento nel paese in cui ci si appassiona alla stucchevole disputa sulla posizione giuridica del saluto romano. Quando un potere centrale pretende di imporsi in una questione che dovrebbe riguardare solo il rapporto tra un sindaco e i suoi cittadini come sta accadendo a Bologna, ebbene lì si manifesta il fascismo. Quando l’esecutivo pretende di imporre limiti al diritto di sciopero, lì si manifesta il fascismo. Nella amichevole collaborazione con i mercanti di schiavi libici si articola una politica squisitamente fascista, anche quando a esercitarla è uno sbirro di sinistra. Al governo di Roma siedono gli amici e alleati di quella Afd che studia, insieme ai neonazisti, piani di deportazione di massa e contro la quale la grande maggioranza dei tedeschi si è rivoltata. Ne condividono, nella sostanza, gli orientamenti. Ma l’opposizione in Italia fatica a vedere e nominare il fascismo lì dove è, abbagliata dalle recite in camicia nera.

Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 23 gennaio 2024. Foto di copertina da Flickr.

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