Segnaliamo il ciclo di incontri “Una congiuntura di guerra” che si terrà a Bologna.


La guerra non è mai scomparsa dalla storia. Nell’ultimo trentennio, dalla prima guerra del Golfo ai Balcani negli anni Novanta, passando per l’Afghanistan, l’Iraq e le decine di conflitti in Africa nei primi vent’anni dei Duemila, numerosi fronti bellici hanno costellato l’approfondirsi dei processi di globalizzazione. Le recenti devastazioni in Ucraina e in Palestina che stanno accompagnano il periodo post-pandemico segnano tuttavia una forte discontinuità. Quello che è cambiato rispetto al passato è infatti una accelerata trasformazione del contesto economico-politico a livello planetario. La crisi dell’egemonia statunitense e l’affermarsi di una dimensione multipolare stanno infatti ponendo sempre più al centro la guerra come forma di gestione delle contese tra numerose potenze per il controllo degli spazi globali. 

 Siamo di fronte a una dinamica di escalation bellica che pare inarrestabile. Escalation non significa solo il continuo aumento di morti e devastazioni lungo le linee dei fronti di guerra. Indica piuttosto un complessivo ri-orientamento della società-mondo verso la forma-bellica. Siamo in altre parole di fronte alla diffusione di una serie di regimi di guerra che ridefiniscono i panorami economici, politici, culturali e antropologici del nostro presente. Una società proiettata verso la guerra è una società in cui la ricerca sulle tecnologie viene guidata da esigenze militari, in cui la formazione delle nuove generazioni si piega verso la disciplina con le proposte di una nuova leva obbligatoria, in cui l’industria si organizza per la produzione di nuovi armamenti, in cui la circolazione delle merci deve fare i conti con nuovi colli di bottiglia, in cui le risorse pubbliche si spostano dal welfare al warfare, in cui il dissenso politico diventa nemico interno, in cui la competizione per le risorse finanziarie e materiali si fa sempre più armata, in cui il lavoro produttivo e riproduttivo viene irregimentato anche per via dell’esasperazione di sessismo e razzismo.

 La sensazione è sempre più quella di vivere su un piano inclinato, nel quale una serie di interessi economici e politici tendono in modo automatizzato verso l’esplosione della guerra a tutte le latitudini. La guerra viene da più parti vista come il modo più semplice per tagliare la complessità del presente, per uscire dalla policrisi che lo caratterizza, per riordinare la confusione planetaria, per rilanciare le economie in crisi, per imporre nuove egemonie o per difenderne di vecchie. Questa devastante inclinazione va posta al centro della riflessione pubblica e politica. Per questo abbiamo organizzato un ciclo annuale di incontri che intende pensare e discutere la congiuntura bellica per elaborare strumenti di comprensione critica del presente e delle sue tendenze a partire da una molteplicità di prospettive.

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