di DENIS GODARD.en français

Pubblichiamo la traduzione del comunicato di Paris-Luttes.info all’indomani dello sgombero dell’accampamento dei rifugiati sotto il Ponte di La Chapelle. Si tratta di una lotta che ha messo in luce il contrasto stridente tra i diritti dei rifugiati e la politica di “invisibilizzazione” della loro presenza da parte del governo Hollande.

Su La Chapelle, dai siti d’informazione italiani, segnaliamo:
“Benvenuti a Parigi, dove il governo (di sinistra) manganella i profughi” (Linkiesta, qui)
“Parigi / La lotta dei rifugiati della Chapelle” (z.i.c. – zeroincondotta, qui)

Questa sera resta solo la rabbia, triste e disperata. Speriamo, almeno, che se ne parli.

Oggi, venerdì 19 giugno, il sindaco, l’Ofpra [Office français de protection des réfugiés et apatrides] (il cui direttore è sparito) accompagnati dalle associazioni (Emmaus, France Terre d’Asile) e dalle forze della sinistra (militanti e deputati del PCF, PG e EELV) sono venuti agli accampamenti dei migranti nel 18° arrondissement, al Jardin d’Eole. Dietro loro, le auto per caricare i migranti. E dietro queste auto, tutto intorno al quartiere, gli apparati di polizia pronte a intervenire. Ancora più indietro, i camion della pulizia, per cancellare ogni memoria di questo accampamento nel quale da una settimana un’incredibile solidarietà si era organizzata.

Il percorso proposto ai migranti è un ultimatum: o accettate degli alloggi e un seguito giuridico alle nostre condizioni, o sarete espulsi. Per i migranti non c’è tempo per prendere una decisione, neanche qualche ora per riflettere, riunirsi, discutere, informarsi su altre possibilità, imporre quantomeno certe condizioni.

Dietro la carota per questo scampolo di asilo – un tetto per qualche notte, una vaga speranza di regolarizzazione – il bastone della polizia. Dormite sonni tranquilli, bravi cittadini: dei migranti se ne occupa il potere, rivestito dalla buona coscienza associativa e politica.

Forse porre delle domande significa già formulare delle risposte:
– 220 alloggi sbloccati tutto d’un colpo: e quelli che fino a ieri dicevano che non era possibile?
– Se, come ha garantito il sindaco, non si tratta di alloggi d’emergenza per qualche notte, come si spiega l’impossibilità di lasciare ai migranti un po’ di tempo per accordarsi, aspettare il mattino seguente, cioè qualche ora, per dare una risposta, dopo mesi passati in strada?
– Che ne è dei migranti che non erano presenti all’accampamento al momento dell’operazione?

Abbiamo già dimostrato che nel quartiere La Chapelle esistono edifici vuoti da anni, che potrebbero ospitare ben più di 200 migranti. Ad esempio, la vecchia caserma dei pompieri occupata per un breve tempo, grande più di 5000 mq. Abbiamo a disposizione del comune di Parigi svariati immobili di sua proprietà: degli “irresponsabili” ne hanno occupato uno, in questi giorni, con dei migranti, dei sans-papier o dei richiedenti asilo.

Diciamolo una volta per tutte: è perché i migranti hanno deciso di battersi, e sono riusciti così a trasformare la questione della loro sopravvivenza in una questione politica; è perché centinaia di abitanti del 18mo arrondissement, e poi di tutta la regione parigina, assieme a dei militanti, hanno lottato al loro fianco, che quello che non sembrava possibile è diventato, dall’oggi al domani, possibile. E allora chi ha strumentalizzato i migranti? Chi si è preso cura della loro sorte? Le autorità che li hanno espulsi da ogni luogo, o quelli e quelle che si sono battuti per non lasciarli isolati?

PajolMa diciamo anche: questa “soluzione” non è una vittoria per i migranti. Non è in alcun modo ispirata dal riconoscimento dei loro diritti – per non parlare della loro umanità –, ma è un mero calcolo politico.

Terminata l’operazione, dozzine di migranti erano già in strada. Dopo il tentativo fallito di occupare, per una notte, il liceo Pajol [a destra] sono state trovate soluzioni individuali, attraverso la solidarietà per 32 di loro. Questa soluzione è stata trovata alle 22:30: bastava passare vicino al Jardin d’Eole occupato dalla polizia per ritrovare una cinquantina di migranti già tornati indietro dall’alloggio in cui erano stati portati, giusto accanto al… centro di detenzione di Vincennes. Alcuni di loro, provenienti da altri centri nei quali erano ritornati per la notte, raccontano che il loro cellulare gli era stato sequestrato all’interno delle auto. Circa cento migranti di La Chapelle sono già di nuovo in strada: quanti saranno nel giro di una settimana, quanti in quindici giorni?

E i migranti di Austerlitz, della Gare de Lyon, di Belleville? Di Rennes, di Calais? E gli espulsi di La Chapelle dispersi nei centri della regione parigina? E i migranti di Ventimiglia? E tutti i sans-papier, questi migranti storici senza diritti?

L’obiettivo di questa operazione non era di trovare una soluzione per i migranti. Con mezzi più ipocriti, essa risponde alla stessa logica delle violente espulsioni poliziesche di piazza St. Bernard e della Halle Pajol della scorsa settimana: stroncare il raggruppamento dei migranti, la loro visibilità pubblica, la loro capacità di lotta per i loro diritti e la solidarietà che si andava estendendo.

Quando i migranti, così come i sans-papier, si ribellano e si rendono visibili, pongono una questione eretica per l’ordine nazionale: quello delle frontiere. E proprio perché questo ordine nazionale è sempre più ingiusto e diseguale, esso risuona contro la rabbia e la solidarietà di tutta una parte della società: è questo il significato globale di La Chapelle, un quartiere ancora popolare. È per questo che l’ordine nazionale traballa: non si può risolvere definitivamente questo problema senza farlo crollare.

Siamo sinceri: il motivo della nostra rabbia impotente, questa sera, è che l’operazione è riuscita. Il collettivo dei migranti che si era costruito in queste due settimane è stato spezzato. Questa sera noi siamo impotenti davanti alle dozzine di migranti ritornati al punto di partenza, sfiniti, isolati, di nuovo umiliati, in strada…

E la nostra rabbia è tanto più profonda per il fatto che partiti che si dicono a sinistra del Partito Socialista hanno giocato in appoggio a questa operazione. Alla vigilia, questi partiti si erano riuniti per affermare di essere favorevoli all’occupazione di un luogo collettivo e permanente per i migranti, e per organizzare una nuova manifestazione: comprendiamo bene perché non avevano invitato i migranti. Abbiamo vergogna per loro: noi ci riprenderemo, loro…

E dunque? Difficile, questa sera, poter dire quali effetti si produrranno dall’esperienza di queste due settimane di lotta. In questo quartiere la dinamica dei fatti permetterà di dare una soluzione ai migranti? I migranti dispersi si raggrupperanno per rilanciare in una qualche forma il collettivo – condizione indispensabile per dare un senso al sostegno?

In ogni caso ringraziamo i migranti, per aver messo in moto, in modo esemplare, una dinamica che si stava perdendo nel nostro quartiere. Non dubitiamo che questo produrrà qualche effetto. Ciò che questa esperienza, e quello che l’ha ispirata, ci insegna è che nel nostro quartiere, come altrove, i migranti non solo delle semplici vittime alle quali si tende la mano: sono fratelli e sorelle in lotta. Sono degli e delle eguali.

Questa lotta non è cominciata ieri, non si arresta questa sera, e continuerà domani.

Ieri la nostra rabbia era di solidarietà. Questa sera è di sconfitta. Noi crediamo che darà da parlare: lavoriamo per questo.

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