di SIMON LE BON.
Noi della sezione Alex Turner “per il tecno-bolscevismo lisergico” di Povero Yorick, stavamo da tempo sul progetto di sostituire nelle scuole il crocefisso con un distributore di LSD; devo dire che la cosa prendeva più tempo del previsto per l’evidente difficoltà dell’inserire nell’abituale figurina di Cenerentola una droga che potesse innestare nel cervello dei bambini il pensiero di Vlad nell’immediato senza necessità di stage al Komsomol o alle Frattocchie.
Il lavoro, al contempo, ci dava grandi soddisfazioni, ragazzini urlanti inneggiavano alla necessità di costringere il Presidente di Confindustria a lavare i piatti della mensa scolastica ascoltando (e lì stava la vera tortura) un monologo di Fazio (che lo zerbino del capitale e il protettore dell’italianità delle banche abbiano lo stesso cognome, vorrà pur dire qualcosa) che inneggia a Benigni che inneggia a Renzi su sottofondo di Battiato che si gusta un gazosino ricordando (Edgar) Varese (segnalo che effettivamente il feudo leghista ancorché recentemente liberato dal PD, è uno dei tanti Deserts morali e materiali in questo Nocturnal dello stato nazione), studenti medi compravano la tessera dell’ISIS per evitare di andare al precetto pasquale e poi tutti con il monocolo alla Kerenski a bere Aperol al circolo ARCI “Imerio Massignan” per meglio capire che la vita è tutta una salita.
Però… però qualcosa non quadrava. Il tripudio leninista di bimbi che indossavano la maglia della Samp con la scritta “Bergoglio” ci sembrava gioia incompleta, quasi un assalto al palazzo d’inverno interruptus; augelli senza zucchero (come ricordava Ciccio a Franco alle crociate) volteggiavano come avvoltoi sulle nostre teste timorose di una nuova Guernica, dipinta, però, con le mani di un commontista che fischietta goddeseivdequin solo perché non l’hanno preso all’isola dei famosi.
Si può essere comunisti e sventolare l’aquila dei Romanov?
Pur muniti di stupendi occhi azzurri, ci si può ritenere compagni allorché si afferma che in Marx non v’è contestazione del sovranismo?
Ma soprattutto: si può fare musica di merda ed essere comunisti?
Pietrangeli optava per il sì, e i circoli Arci di tutto il mondo esplodevano di gioia rivoluzionaria (quanto può essere rivoluzionario Pietrangeli), ma anche i centri (real)sociali(sti) non escludevano il dato implodendo nello stridore di chitarre benedette nel mare di crimea.
Soltanto Mick Jagger e Ami Winehouse continuavano a ripetere no no no.
Casuale fu il rinvenimento della verità; era chiara, davanti a noi, ma la lettura di troppo deriddadaumpa ci aveva forse ottenebrato (o era il bianco di Custoza nel quale intingevamo il Diamat?).
Digitando “Mario Tronti” su Wikipedia (il masochismo è componente essenziale del comunista che affoga nei dubbi) emerse il vero e la risposta ai superiori quesiti: Mario Tronti è parente di Renato Zero: è infatti il figlio di Nicola Tronti, la cui sorella Renata è la nonna del cantautore (Le piume, le fidanzate, lo zio comunista. I 60 anni di Renato Zero).
Quindi, la musica di merda è come il liquame nelle cloache, fluisce impavida, corrode menti e corpi, non risparmia amici e parenti.
Sull’autonomia del politico e Zerofobia escono lo stesso anno. Evidente il contributo di Tronti in Mi vendo attraverso la quale esprime il suo distacco dalle precedenti opere (C’è un infelice, ovunque vai/ Voglio allargare il giro dei clienti miei/ Io vendo desideri e speranze, /In confezione spray), Morire qui è sagace indagine a due mani sulla crisi del movimento (Se è vero ch’ero un ribelle/ Se ci credevo un po’/ A questo sporco tuo ricatto, io/ Io, non mi piegherò! /Non mi piegherò!!!), l’album si chiude con la magia Schmittiana de Il cielo: ma che uomo, sei, /Se non hai /il cielo!
Avevamo trovato quindi la soluzione all’ultimo tra i quesiti che ci avevano inondato il cervello:
NON SI PUÒ ESSERE COMUNISTI E FARE/ASCOLTARE MUSICA DI MERDA.
Ma fu il fantasma di Nenni, apparsomi in sogno mentre restituiva il premio Stalin sulle note di Romitelli a dirmi di quest’ultimo, ma il pensiero era chiaramente rivolto a Lenin entra nell’olimpo degli eroi maledetti, estremi, visionari, della musica contemporanea “colta”. Le idee, la vita (dissipatrice, “fino all’ultimo respiro”), i lavori musicali di Romitelli lo avvicinano all’aura che si respira intorno alla memoria di un Jim Morrison o di un Kurt Cobain. Forse Demetrio Stratos gli si potrebbe accostare più propriamente, condivide con Romitelli l’idea che occorre agire con rigore, con fatica di ricercatori, con completezza di compositori, nel campo aperto di una musica che rompa o cerchi di rompere i suoi legami con l’accademismo, con il dogmatismo, con i formulari, per quanto “d’avanguardia” essi siano (ci scuserà il caro amico al quale abbiamo rubato le parole di questa citazione, a giustificazione diremo che si tratta di esproprio proletario).
Non esiste Crimea come non esiste (più) Stalingrado (e comunque quella meravigliosa sberla ai nazi, fu la tomba di tanti compagni VERI), i tram che portavano al fronte ora portano all’interno di una città che tanto il capitale quanto i NOEURO (o quel che minchia sono) vogliono spettrale per erigere continue barricate che, lungi da costituire difesa, impediscono al pensiero di divagare, farsi comune, restando STATO, magari intinto nelle rosse bandiere attraverso sempre nuovi ripescaggi di tristi personaggi o condizioni di vita. E poi quanto costa quel biglietto del tram?
La dissoluzione dello Stato deve restare unico passaporto per la nuova internazionale, laddove il cash accorrerà nelle tasche dei precari come topo al formaggio, sottratto alla finanza ma anche all’orrenda impresa produttiva di merci e vita-morta.
Lo Stato e i suoi difensori di ogni foggia e misura sono la “curetta” che “raschia” l’insorgere del comune, l’aborto della vita produttiva, dimensionando le singolarità a militante combattivo, magari con gli occhi azzurri.
Non c’è bisogno di CAPTAIN URSS come già di Captain America. Il connubio tra la salma di Lenin e la falsa vitalità (virilità? anche questo spiegherebbe molto) Marvel non può che condurre al SACRIFICIO, alla solidarietà nazionale, alla comunità eroica del Donbass, o di Gorino.
C’è tanto di Francone Mussida in Assad, come di certo Charlie Haden in Putin.
Anthony Braxton intervistato disse (vado a memoria) “suonare tutte le sere la stessa musica? diventerei pazzo” e all’intervistatore che rintuzzava chiedendogli “ma tu, con Corea suonavi tutte le sere Nefertiti“ rispose “e infatti LUI è diventato pazzo”.
Si può fare indigestione anche di caviale e prendersi la cirrosi bevendo Romanee Conti. Bandiera Rossa la può suonare anche Casadei, e comunque resta una canzone orrenda.
Quello che diceva Ivan Della Mea del CHE vale anche per Lenin:
Se qualcuno ti fa morto un motivo c’è
monumenti e lacrime, due parole e poi
un ricordo, un sorriso,
una medaglia e niente più.
Costa poco piangere,
capir costa di più
e un ritratto appeso a un muro
lo si può levar.
Se qualcuno ti fa morto un motivo c’è.
tanti quadri e un muro rosso, due parole e poi,
un ricordo, un sorriso:
Che Guevara è un morto in più.
Costa poco piangere,
capir costa di più
e un ritratto appeso a un muro
lo si può levar.
Come mi disse quella volta il maestro quando ci sarà il comune non avremo più bisogno di ricordare i soviet.
Fino a quel momento cerchiamo di vivificare il pensiero di Vlad, ma vediamo anche di non fargli dire cazzate.