EuroNomade nasce in un momento cruciale di crisi e di trasformazione degli assetti globali del capitalismo. Nasce all’interno di un vero passaggio d’epoca, in cui le vecchie bussole impazziscono e consolidati paradigmi teorici mostrano interi i loro limiti. Vale anche per le nostre bussole e per i nostri paradigmi teorici. Veniamo da un’esperienza durata nove anni, quella di UniNomade. È stata un’esperienza ricca e produttiva, in cui abbiamo rinnovato in profondità metodo, concetti e pratiche di una formidabile tradizione di pensiero rivoluzionario: quella dell’operaismo italiano. Abbiamo aperto l’operaismo al dialogo con altre correnti di pensiero ed esperienze di lotta e di organizzazione. Abbiamo praticato il “post-operaismo”. E tuttavia, a un certo punto, ci è parso che questo non bastasse più, che occorresse fare di più, che un machiavelliano “ritorno ai principi” fosse necessario. E che ritornare “ai principi” non potesse significare altra cosa che sottolineare ancora di più la necessità dell’innovazione teorica e dell’invenzione politica. Da una vera discontinuità nasce dunque il sito di EuroNomade, dalla consapevole decisione di sospendere il riferimento al “già noto”, di sottoporre a verifica ciascuno dei termini che utilizziamo, di avviare inedite sperimentazioni tanto nella teoria quanto nella pratica e di aprire nuove interlocuzioni.
Questa discontinuità non è per noi un puro esercizio intellettuale. E’ piuttosto un’urgenza politica, che nasce sia dalle difficoltà che incontriamo nell’analisi delle nuove figure assunte dal capitalismo, dallo sfruttamento e dal lavoro vivo sia dalle caratteristiche delle lotte e dei movimenti contemporanei. C’è indubbiamente un’accumulazione di conoscenza e di teoria che costituisce dal primo punto di vista un riferimento importante. Ma le stesse analisi dei processi di finanziarizzazione che abbiamo sviluppato in questi anni, gli stessi concetti di capitalismo cognitivo o bio-capitalismo richiedono di essere riconsiderate dal punto di vista dei loro limiti, prima di tutto a fronte delle grandi trasformazioni che anche dal punto di vista geografico si stanno determinando nella crisi. Abbiamo bisogno di una nuova cartografia della sussunzione reale, dell’intrecciarsi spesso inedito di capitalismo finanziario, capitalismo cognitivo e biopotere, della forza di astrazione del paradigma che va componendosi e dei punti di resistenza che si aprono. Al tempo stesso le lotte degli ultimi anni (pensiamo ad esempio alla Tunisia e all’Egitto, agli indignados spagnoli e a OccupyWall Street, alla Turchia e al Brasile) impongono un’analisi che sappia coglierne gli elementi di grande novità ma al tempo stesso le difficoltà nella stabilizzazione e nell’efficacia. Un concetto come quello di moltitudine, che è stato per noi centrale in questi anni, non può che essere messo alla prova da questi sviluppi. Andrà cioè verificato, rinnovato, ibridato e “queerizzato”, reinventato. Oppure, se necessario, abbandonato. Vi sono momenti storici specifici, insomma, in cui l’innovazione e la discontinuità sono imposte dai fatti, a meno che non si voglia continuare a coltivare una posizione di innocua e compiaciuta marginalità.
Uno dei temi a cui cercheremo di prestare un’attenzione costante è quello, accennato all’inizio, delle trasformazioni degli assetti del capitalismo a livello globale. Proseguiremo in particolare il lavoro, cominciato all’interno di UniNomade, sull’America Latina. Ma guarderemo anche ad altri spazi, ad altri continenti, nella convinzione che l’emergere contraddittorio di processi di integrazione regionale in varie parti del mondo sia uno dei tratti salienti del nostro presente. EuroNomade guarda all’Europa da questo punto di vista globale, registra la “provincializzazione dell’Europa” – la possibilità inaudita che dopo cinque secoli il sistema mondo capitalistico non abbia più un centro non solo europeo ma neppure “occidentale” – e si propone di esplorare le potenzialità e i rischi che ciò comporta. Al tempo stesso insiste sulla necessità di domandarsi quali sono queste potenzialità e questi rischi non solo a livello globale, ma anche in Europa. E intende proporre una serie di riflessioni a partire dalla convinzione che in questa parte del mondo non vi sia la possibilità di reinventare una politica della liberazione negli spazi nazionali. L’Europa come spazio immediato dell’azione politica: sarà uno dei temi centrali del nostro lavoro. Un’Europa da inventare dunque.
Attorno a questa opzione di fondo organizzeremo le sezioni e i materiali del sito EuroNomade. Riprenderemo temi consueti, ovviamente, a partire dal lavoro che avevamo cominciato a fare in UniNomade per rileggere Marx al di fuori della marxologia e dei marxismi canonici. Così come approfondiremo i dossier sui Sud, sul Mediterraneo, sulla “leva meridiana”, consapevoli già della insufficienza radicale di molte di queste definizioni, ma anche della necessità assoluta di trasformare in profondità la nostra immaginazione geografica, proprio mentre rilanciamo con forza l’interrogazione sullo spazio europeo. Cercheremo di farlo animati da quella esigenza di discontinuità che abbiamo sottolineato. Lo faremo sui temi del lavoro e del welfare, della soggettività e della metropoli, della rete. Negli anni scorsi, abbiamo insistito sulle trasformazioni del lavoro vivo, e, in particolare, sulla sua costitutiva eterogeneità. E dall’altro lato, abbiamo incentrato la nostra riflessione sulle molteplici declinazioni del comune, sulla forza creativa e produttiva della cooperazione sociale. Ma – ne abbiamo parlato a lungo nel nostro incontro “costituente” a Passignano, Sovvertire il presente – la relazione tra quella eterogeneità costitutiva e i modi di inventare, produrre il comune appare, nella vita quotidiana delle nostre metropoli e nelle lotte che le animano, come un campo di tensione ancora tutto da indagare, da scandagliare. Come immaginare pratiche costituenti, che, proprio nel momento in cui la precarietà diviene ritmo complessivo della vita delle metropoli, sappiano produrre un comune “non precario” delle singolarità? Come incidere sull’evidente divaricazione tra la forza destituente delle lotte, la ricchezza delle singolarità, e la difficoltà nel darsi un respiro costituente?
Nelle singole sezioni, proveremo ad animare spazi di elaborazione programmatica, che mettano produttivamente al lavoro questa tensione tra eterogeneità (intesa anche come eterogeneità dei linguaggi, degli stili, degli sguardi) e invenzione del comune. Con la chiara consapevolezza, infine, che le trasformazioni investono anche noi, il nostro metodo di lavoro, le definizioni stesse che in questi anni abbiamo dato di quello che oggi può essere una “pratica teorica”. Le metamorfosi del lavoro cognitivo, la crisi dei suoi luoghi tradizionali, la forza degli apparati di cattura che lo attraversano e lo investono, ci richiedono, ora più che mai, di valorizzare la nostra attitudine sperimentale. Verificheremo insieme quanto ne saremo effettivamente capaci. Intanto, buon viaggio a chi vorrà provarci.