(Proseguiamo, con un articolo da Catania, la serie di corrispondenze e di inchieste dalle realtà in cui sono in corso percorsi “neomunicipalisti”, strutturati in modo anche molto differente fra di loro, ma che tutti provano ad intrecciare diritto alla città, creazione di contropoteri sociali, riappropriazione del comune.)

di SARO ROMEO. 

Ma la rivoluzione va fino al fondo delle cose. Sta ancora attraversando il purgatorio. Lavora con metodo. Fino al 2 dicembre non ha condotto a termine che la prima metà della sua preparazione; ora sta compiendo l’altra metà. Prima ha elaborato alla perfezione il potere parlamentare, per poterlo rovesciare. Ora che ha raggiunto questo risultato, essa spinge alla perfezione il potere esecutivo, lo riduce alla sua espressione più pura, lo isola, se lo pone di fronte come l’unico ostacolo, per concentrare contro di esso tutte le sue forze di distruzione. E quando la rivoluzione avrà condotto a termine questa seconda metà del suo lavoro preparatorio, l’Europa balzerà dal suo seggio e griderà: Ben scavato, vecchia talpa !

C. Marx il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte

Da appena un anno, a Catania, un Collettivo gestisce una ex palestra abbandonata nel centro della Città, in Piazza Pietro Lupo, di fronte al Teatro Massimo Bellini ed alla confluenza di tre quartieri “Storici”: Il Centro, San Berillo e La Civita.

Soprattutto questi ultimi due sono caratterizzati da una storica presenza di famiglie operaie ed impiegatizie, legate alle attività produttive portuali, industriali ed artigianali, spesso di origine agricola attratti dall’espansione industriale che ha caratterizzato Catania fino agli anni 80 circa. Vi è anche una componente di sottoproletariato Urbano e di immigrati soprattutto dall’Africa Sub-Sahariana.

La costante dismissione delle varie attività produttive e la riduzione progressiva dei livelli di assistenza sociale hanno impietosamente spostato questa popolazione al di sotto della soglia di povertà, condannandola alla disoccupazione ed al precariato, per i più fortunati.

Emerge visibilmente nelle affollate serate delle piazze del Centro, così come nel degrado urbanistico di questi e di altri quartieri periferici, come la crisi economica colpisca crudelmente soprattutto le fasce giovanili producendo disaggregazione, frustrazione sociale, rifiuto, con una pericolosa tendenza alla “normalizzazione del disagio”, figlio della rottura del lavoro come rapporto sociale.

L’assenza di futuro, di speranze, di felicità soprattutto dei giovani lo si legge negli occhi così come la fatica di vivere.

E’ in corso da qualche anno un processo, inusuale per questa Città, di formazione dal basso di molti gruppi Culturali, Politici, Artistici, Solidaristici, Informatici, … , alcuni dei quali hanno occupato, talvolta anche a fini abitativi, spazi abbandonati.

L’edificio della ex Palestra Lupo nasce, presumibilmente negli anni ’50, come stazione per le corriere ma successivamente viene convertito in palestra di scherma. Esauritasi anche questo utilizzo, la palestra cade in stato di abbandono e diviene rifugio di senzatetto e luogo di spaccio, accumulando al suo interno rifiuti di ogni genere.

Nell’ultimo decennio la Municipalità accarezza l’idea di abbatterla e affidare a privati l’area per trasformarla in parcheggio. Quest’idea, molto contestata dalla Cittadinanza, viene successivamente accantonata.

Nel 2012 un collettivo catanese, il GAR, assolvendo alla sua mission, chiede al Comune di Catania le chiavi della Palestra Lupo per ripulirla dei detriti accumulati dall’incuria e renderla fruibile alla Città. Nell’ottobre 2014 il GAR, avendo concluso il suo lavoro, insieme ad altre Associazioni e Cittadini danno vita ad un dibattito allargato per un uso collettivo di questo spazio riappropriato.

E’ un grande edificio ad un piano di circa 500 mq, posto al centro di una piazza, suddiviso in un grande locale centrale di circa 225 mq ed il resto in numerose stanze più piccole, il tutto ora interamente alimentato con pannelli solari.

Il Collettivo dell’ex Palestra LUPo (Laboratorio Urbano Popolare) ha deciso, dopo un lungo dibattito costituente, di gestire questo grande spazio centrale come luogo di riferimento per l’incontro di queste varie soggettività sparse nella città, come ambito di confronto, luogo in cui trovano la possibilità di soddisfare interessi culturali, politici, creativi, ludici.

Un luogo di pratiche, di confronti e di critiche, non identificabile con nessuna associazione o gruppo, bisognosi di spazio, ma gestita da un Collettivo “terzo” che, inoltre, propone direttamente iniziative di pratiche e di dibattito politico alla Città.

Una città che è anche il momento di coagulo di lotte territoriali della Sicilia Orientale, una città nella quale convergono studenti e lavoratori di una provincia popolosa e sempre più vessata dal degrado ambientale, da una mobilità fisica e sociale sempre più compressa, dal crescente divario tra ricchezza e povertà, dall’incuria amministrativa, dalla oramai evidente trasformazione dell’apparato politico amministrativo da distributore ad estrattore della ricchezza.

Anche la politica clientelare, sebbene ancora dominante, comincia a scricchiolare fornendo anche una chiave di lettura, seppur parziale, al successo del M5s ed all’astensione elettorale.

Il blocco sociale e la sua classe dirigente speculativa e retrograda, figlia del vecchio modo di produzione, sta mostrando segni di decadimento esasperando l’avidità e le ambizioni speculative sul territorio e l’urbanistica, che producono una reale lontananza della popolazione dalla sua rappresentanza e liberano, così, spazi all’agire, alla ricerca di modi alternativi per riappropriarsi della propria vita, degli spazi comuni, dei territori ed acuiscono la sensibilità alla partecipazione e alla decisionalità diretta.

E’ in questo quadro che nasce l’esigenza di spazi gestiti direttamente da chi ne fa uso per soddisfare i bisogni di aggregazione, di sperimentazione e di produzione culturale e politica.

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Il dibattito costituente è stato caratterizzato, oltre che della definizione dei rapporti con la Città e le soggettività presenti, anche dai principi e le regole interne di gestione.

La sperimentazione di una gestione diretta, da chi ne fa uso e se ne prende cura, attraverso la pratica della democrazia diretta e partecipata, l’inclusione, la trasparenza, sono principi ispiratori che hanno reso necessarie nuove regole e forme organizzative il cui percorso si è dimostrato complesso, incerto, frastagliato di difficoltà e insuccessi, di avanzamenti ed arretramenti ma innovativo e percorribile.

Il rifiuto della dittatura della maggioranza ed il ricatto della minoranza hanno posto Il dibattito ed il confronto come metodo per dirimere molti conflitti e superare le diversità in una nuova sintesi, ponendo così la decisionalità su votazione come ultima istanza. L’organizzazione in gruppi di lavoro tematici, ed il loro raccordarsi in un coordinamento settimanale permettono processi deliberativi più snelli rispetto a quello assembleare ma riferibili solo a temi specifici in subordine ai contenuti d’indirizzo generale. In ogni caso l’ambito assembleare rimane quello principale di confronto ed indirizzo la cui capacità decisionale permane problematica, poiché il “voto” è comunque inteso più come momento di divisione che strumento operativo, conclusivo.

Il Progetto è il punto di riferimento unificante ed ogni iniziativa viene vagliata in sua funzione ovvero l’esercizio del diritto all’uso dei Beni Comuni attraverso il recupero di questo spazio abbandonato per chi in Città avverte il bisogno di un luogo per le proprie iniziative, nel rispetto del Codice Etico e delle regole di funzionamento.

Le Attività che vengono proposte sono sia periodiche e che occasionali, vagliate da un Coordinamento e calendarizzate.

In un anno le attività svolte all’interno dell’ex palestra hanno coinvolto migliaia di persone che si sono confrontate, riconoscendosi reciprocamente quali soggetti costituenti di un movimento collettivo alla ricerca di modi alternativi d’esistenza, di un atro mondo, che lotta per la conquista di spazi, di reddito, di vita.

I segmenti del movimento caratterizzati da soggettività differenti e spesso monotematiche, Arte, cultura, ambiente, lavoro, informatica, solidarietà, …, scoprono di appartenere allo steso processo che tesse sotterraneamente ma inesorabilmente una tela di rapporti sociali, desideri, affettività, lotte.

La ricchezza dei dibattiti e delle iniziative sul territorio, anche di lotte, sta producendo la consapevolezza che il tema di proprio interesse, per il quale ciascuno si attiva e lotta, non è altro che parte di un processo politico più ampio che accomuna tutti.

Non è un passaggio scontato.

Il bisogno di uscire dal proprio orticello che ha richiesto anni d’impegno, di attivismo, di sogni, che ha prodotto forte identità, questo bisogno sta rapidamente maturando coabitando con la paura di perdere il proprio patrimonio identitario.

E’ il risvolto della verifica sulla propria pelle che il lavoro oggi non si da più come fatto individuale ma collettivo, che l’estrazione del valore non avviene da ogni singolarità ma dalla cooperazione, ma è anche la verifica della solitudine del rapporto con la vita.

Le vite, le esperienze politiche, le “giuste Linee” si intrecciano e preludono al superamento dei settarismi, delle distinzioni. Chi fa video scopre che anche i musicisti hanno la stessa carica antagonista, chi lotta per un ambiente più pulito scopre che è la stessa lotta di chi si batte per gli open data.

Neanche questo è scontato perché i tradizionali e desueti momenti di confronto, le manifestazioni di piazza, i cortei, etc.. non hanno in questi anni prodotto aggregazioni ma sono stati luoghi dei “professionisti della politica”, anche se di opposizione radicale, lontani dalle realtà che si andavano autonomamente costruendo le quali non si riconoscono in queste forme di espressione del dissenso, ma che si identificano più sulla pratica di lavoro tematico e territoriale, corrispondente alle singole aspirazioni e sensibilità.

Non è un caso che una larga parte di queste soggettività si siano coagulate attorno ai temi dell’Arte percepita e vissuta come territorio della libertà.

Nel mese di marzo del ’15 un gruppo di giovani painters itineranti si è fermato per circa una settimana a Catania per regalare, propria sponte, alcuni murales. Dopo qualche giorno di confronto con il collettivo ed i frequentatori del LUPo, hanno collettivamente definito il tema che ne rappresentasse l’esperienza, lo hanno tradotto graficamente e realizzato. Poi sono ripartiti.

Queste creazioni propongono il percorso collettivo come imprescindibile per la conquista di nuove pratiche politiche e modelli d’esistenza, speculari ai meccanismi di estrazione del valore.

Si sta allargando sempre più la consapevolezza che l’unica possibilità oggi di conquista di nuove pratiche di vita e politiche, non può che passare attraverso la collettivizzazione delle esperienze, il loro confronto, e, nel rispetto delle identità, il coalizzarsi per la creazione di una massa critica, di una forza congiunta, capace di agire una critica di massa.

Neanche questo passaggio è lineare e sconta la presenza dei vecchi vizi di ricerca egemonica, di settarismi, ambizioni personali, bisogni di protagonismo ma il percorso procede comunque spinto dalle impellenze dell’esistenza e dalla consapevolezza che non vi è verticalizzazione possibile senza una forza capace di rappresentare, in eccedenza, i bisogni reali anche verso un’amministrazione Comunale assente e nel cui Consiglio non è presente alcuna reale forza d’opposizione.

Piantati nel fango della decadenza della realtà politica e sociale di questa città sta nascendo una robusta e vitale ricerca di nuovi paradigmi che reclamano la necessità di uscire dai propri confini, di esercitare sovranità, che necessitano Inter connettività e nuovi strumenti di collegamento e confronto.

Per Approfondire:

http://www.palestralupo.it/

http://www.isiciliani.it/la-verita-solo-la-verita/#.VpeNP5PhB24

https://www.facebook.com/groups/257918334405665/

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