di GIUSEPPE COCCO.

Cani randagi, Ultrà e Repubblica dei farabutti

Il Mondiale di calcio e della FIFA sarà inaugurato il 12 giugno, insieme al nuovo stadio costruito a São Paulo, dove avrà luogo la partita tra il Brasile e la Croazia. Si tratta dello Stadio Itaquerão, che sarà del Corinthians, la principale squadra di São Paulo e la seconda tifoseria del Brasile (dopo quella del Flamengo, di Rio de Janeiro). Il 4 maggio, il Mtst (movimento trabalhadores sem teto) ha invaso un terreno a 4 kms dallo stadio, costruendo un accampamento di 2.500 baracche, chiamato Ocupação Copa do Povo. Il 15 maggio, giornata di mobilitazione nazionale contro il Mondiale, 2.000 “senza-tetto” manifestavano con copertoni incendiati nelle vicinanze del nuovo stadio e un intellettuale residuale del PT scriveva nel suo profilo del twitter: “De novo a Gaviões da Fiel protegeu o Itaquerão e enxotou os vira-latas”1. Tradotto significa che gli Ultrà (Gaviões da Fiel) hanno protetto lo stadio e cacciato i cani randagi (vira-latas), cioè i senza-casa. L’intellettuale in questione – corrispondente della New Left Review – è riuscito a riassumere in meno di 140 battute sia il clima nel quale il Mondiale si annuncia sia la situazione della sinistra istituzionale: i poveri che lottano sono esplicitamente trattati come bastardi al servizio della “destra”2. Che cosa resta alla sinistra, oltre all’invocazione e all’uso della repressione? La tifoseria ultrà! E neppure questo funziona: pochi giorni dopo il Mtst annuncia attività congiunte tra i tifosi e i senza-tetto3.

Nel frattempo, i senza-tetto di São Paulo moltiplicano le manifestazioni con occupazioni di sedi di grandi imprese di lavori pubblici. Il 22 maggio, la manifestazione contro il Mondiale convocata dal Mtst ha raccolto più di 20.000 persone a São Paulo mentre centinaia di operai dell’edilizia si scontravano con la polizia a Fortaleza. Lunedì 26 maggio, l’autobus della Seleção, all’uscita dall’aeroporto di Rio, è stato assediato da decine di insegnanti in sciopero. Il 27, a Brasilia, alcune migliaia di persone – tra qui centinaia di indios- hanno manifestato contro il Mondiale e la polizia a cavallo caricato e gli indios hanno risposto con gli archi e le frecce. Diecimila insegnanti hanno manifestato a São Paulo. Gli autisti degli autobus si sono fermati a São Luis e Salvador e il Movimento Rodoviários em Luta ha dichiarato sciopero di 24 ore a Rio de Janeiro. Alle dinamiche dell’autonomia operaia e dei senza tetto di aggiungono le continue rivolte de poveri delle favela e delle periferie, la maggior parte delle quali non arrivano nella grande stampa. Per esempio, il 27 maggio, dopo l’uccisione di 4 uomini in una favela della zona ovest di Rio, gli abitanti sono scesi in strada, incendiato un autobus e bloccato varie strade. Nella della Maré, sulla strada che va dall’aeroporto internazionale al centro di Rio, un giovane è stato ucciso da uno sparo di fucile, poco dopo o durante una manifestazione degli abitanti contro i militari dell’esercito che occupano la gigantesca favela da alcune settimane. In tutti questi casi, la stampa ufficiale scrive che i manifestanti sono strumentalizzati o pagati dal narcotraffico, il che equivale a un assegno in bianco perché la polizia faccia quel che vuole. Del resto, una camera del Supremo Tribunale Federale (la corte costituzionale) ha riconosciuto la legittimità dei Tribunali Militari per giudicare il delitto di “offesa a pubblico ufficiale” nel caso di una signora, abitante della Maré, arrestata per offese a un soldato.
(qui il video della manifestazione nella Maré )

Non c’è stato Mondiale. Ci sarà un evento

La miglior definizione dell’atmosfera surreale che vive il Brasile alla vigilia del Mondiale l’ha data Luiz Roberto Lima, un giovane giornalista: “Não houve Copa! Só vai ter um evento4. Si tratta del titolo di un lungo intervento a un colloquio riunito per lanciare un manifesto in “difesa della democrazia e delle libertà”5. Le tradizionali e coloratissime decorazioni che coprono intere strade di Rio de Janeiro alla vigilia di ogni Mondiale quest’anno non si vedono o sono rarissime (magari appariranno negli ultimi giorni). Si moltiplicano invece le decorazioni contro il mondiale e nei luoghi più tradizionali del tifo per la Seleção. Le coeur n’y est pas! Il paese del calcio “paixão nacional”, la “pátria das chuteiras6. È contrario al suo mondiale. I sondaggi indicano formalmente che più di 50% dei brasiliani sono contro questo mondiale. È una vera e propria débacle: tutti gli effetti di immagine, pubblicità, branding, marketing funzionano al contrario o al limite in modo ambiguo e imprevedibile, al punto che si ha la netta impressione che le grandi marche stiano evitando di legare la loro immagine alla “Copa” e che lo stesso governo, se potesse, cancellerebbe l’evento. Incredibile ma vero: il Brasile sta dando l’esempio che è possibile una critica radicale – dentro e contro il calcio – allo spettacolo della FIFA. Non è solo la potenza dell’insurrezione di giugno, ma anche la vitalità del calcio come forma di vita dei poveri a mostrarsi come potente resistenza alla sua omologazione, proprio quando questa viene a pastorizzare e gentrificare gli stadi. Neanche la trovata della banana di Daniel Alves ha funzionato.

Ma da una parte è già stato svuotato di buona parte del suo impatto simbolico e comunicativo e, dall’altra, nessuno può dire quale sarà il suo impatto residuale. La lotta delle prossime settimane si svolge proprio su questo terreno: da una parte il palco e uno spettacolo totalmente militarizzato; dall’altra la moltitudine che lo sta investendo, cercando di fare il suo proprio spettacolo. Dietro le quinte, i giochi del potere, soprattutto nell’orizzonte delle elezioni politiche di ottobre 2014… ma nei camerini circolano anche delle cameriere, il cui sorriso possiamo facilmente immaginare.

Le proteste stanno perdendo forza?

Il 15 maggio scorso ha avuto luogo la prima giornata di lotta nazionale contro il Mondiale. Circa 3000 giovani hanno manifestato nella grande Avenida Presidente Vargas, nel centro di Rio con lo slogan #NaoVaiTerCopa7. E in quasi tutte le grandi città hanno luogo manifestazioni con un livello di partecipazione che variava da alcune centinaia a due o tre mila persone. A São Paulo ci sono stati scontri. La stampa egemonica e i governi hanno festeggiato, sentenziando con sollievo: le proteste stanno perdendo forza! Ma si tratta di un “sollievo” piuttosto forzato che nasconde, in realtà, il crescente nervosismo di tutto l’arco istituzionale. È vero, non ci sono più le manifestazioni oceaniche che abbiamo visto nel giugno del 2013 sull’onda delle lotte contro i prezzi dei trasporti e dell’insurrezione di Rio de Janeiro contro la dittatura ultra-reazionaria che governa la città. Ma è altrettanto vero che la protesta contro la Coppa delle Confederazioni già rappresentava una specificità del movimento più generale di giugno: da una parte, queste mobilitazioni già previste dai movimenti sociali organizzati si sono massificate e radicalizzate durante l’insurrezione di giugno, dall’altra esse già rappresentavano la diffusione e il persistere del movimento che avrebbe avuto luogo durante tutto l’anno, fino a oggi. È molto probabile, quindi che durante il Mondiale assisteremo a mobilitazioni comparabili a quelle contro la Coppa delle Confederazioni, di alcune migliaia di persone, nelle città-sedi dei nuovi stadi e delle partite. Solo che questa volta la repressione sarà più dura e massificata (si parla di 20.000 forze dell’ordine di tutti i tipi, con l’aggiunta di poliziotti internazionali. Basti pensare che a Rio de Janeiro tutti i giorni i mezzi di informazione moltiplicano le notizie sullo schieramento dell’apparato repressivo con il chiaro intento di fare paura).

Possiamo affermare che stiamo assistendo alla persistenza del movimento, lungo le linee della sua diffusione e attorno a momenti di ricomposizione metropolitana. Le linee di diffusione del movimento di giugno sono innumerevoli e la maggior parte sono ancora sconosciute. Tra giugno e ottobre 2013 si sono date due linee fondamentali: le occupazioni dei parlamenti (che hanno avuto luogo dappertutto) e l’esodo definitivo della moltitudine carioca (di Rio de Janeiro). Non a caso, è proprio a Rio che tra il 7 e il 15 di ottobre si è verificata una nuova e potentissima mobilitazione intorno alla lotta degli insegnanti e in solidarietà attiva contro la feroce repressione. In quell’occasione la moltitudine è tornata potentemente in piazza nel centro di Rio, senza nessuna ambiguità. Al punto che nella manifestazione del 7 ottobre circolavano infiltrati molti dirigenti e parlamentari del PT. Tra ottobre 2013 e febbraio 2014, il movimento è continuato moltiplicando gli esperimenti assembleari di tipo territoriale. Durante il Natale sono apparsi i rolezinhos, le passeggiate autoconvocate in rete (da un ragazzo misteriosamente ucciso settimane dopo) di migliaia di giovani delle periferie nei centri commerciali di São Paulo; sono poi seguite le manifestazioni contro il ritorno degli aumenti dei trasporti, alcuni scioperi ispirati dal movimento (bancari e insegnanti) e infine la politicizzazione del carnevale. Ancora una volta, a Rio de Janeiro sarà proprio il carnevale a essere teatro di un nuovo momento di lotta: lo sciopero vincente dei netturbini. È stato lo sciopero autonomo e selvaggio di una categoria che non lottava da decenni e che ha trovato un’ampia solidarietà sociale – nonostante il disagio provocato – contro la feroce repressione che il governo della città e dello Stato volevano applicare sul modello di quello che avevano fatto con gli insegnanti.

Oggi, a pochi giorni dal mondiale, possiamo dire che i movimenti in Brasile si sviluppano lungo 3 linee di fuga: la prima linea è quella delle lotte dei senza tetto, con occupazioni e mobilitazioni contro e gli sgomberi provocati dai mega-eventi e dalla speculazione fondiaria e immobiliare. Segnaliamo, in particolare, le decine di occupazioni a São Paulo e la resistenza della favela Telerj a Rio. La seconda linea di fuga è quella delle lotte dei favelados contro la militarizzazione dei loro spazi e modi di vita e i tumulti che ormai rispondono alle operazioni di sterminio condotte dalla polizia; la terza linea di fuga – quella che sta letteralmente esplodendo in questi giorni – è quella degli scioperi selvaggi. Dopo i netturbini di Rio (in marzo), sono gli spazzini di molte altre città che sono entrati in sciopero, i più di 20.000 operai che stanno costruendo una Raffineria della Petrobras nella grande Rio (Itaboraí), i professori, i ferrotranvieri di Porto Alegre, poi quelli di Rio e di São Paulo, i vigilantes delle banche, e una molteplicità di segmenti del servizio pubblico (tra i quali le polizie civili dei differenti stati e la polizia federale). Se la Coppa delle Confederazioni è passata alla storia come la Coppa delle Manifestazioni, il Mondiale passerà alla storia come quello degli scioperi selvaggi. Tra questi vi è in comune la loro dimensione autonoma, cioè il fatto di essersi organizzati in riferimento diretto al movimento di giugno e in rottura – per lo meno iniziale – con le organizzazioni sindacali.

La triplice inflazione del potere

Il PT e tutta la sinistra – compresa quella “gauchiste” – continuano ad essere completamente “tagliati fuori” dalla trasformazione. Il transatlantico Brasil Maior (del Grande Brasile) ha perso la bussola e ha cominciato a navigare a vista. Inizialmente, il PT e il governo hanno classificato il movimento come conservatore e fascista e hanno desiderato che lo fosse veramente, in modo irresponsabile. L’odio e il livore per la piazza e il tumulto democratico ha raggiunto il suo apice tra ottobre e gennaio, con le gesticolazioni repressive del governo Dilma in combutta con i fascisti che dirigono le polizie assassine di São Paulo e Rio de Janeiro e si è mostrato poi in maniera caricaturale nelle reti sociali con la criminalizzazione della Piazza Maidan. Si!, sembra incredibile, ma la sinistra istituzionale è andata a cercarsi (e inventarsi) l’esempio di una moltitudine (che ha voluto definire come nazista) nell’insurrezione di Kiev, trasformando Putin in un eroe della lotta anti-imperialista e la Russia in una nuova Unione Sovietica. Surreale ma vero! Stilizzando e semplificando, potremmo dire che l’impasse è ben rappresentata dagli indicatori macro-economici e statistici: il mercato del lavoro conosce una situazione di “piena occupazione” (con scarsità di manodopera qualificata) e l’economia non cresce. L’inflazione concomitante dei prezzi e dello spread sono i due indicatori di questa trappola. Il Mondiale, i grandi lavori, i sussidi all’industria automobilistica e all’edilizia dovevano mobilitare il paese per mezzo dell’omologazione dei poveri come nuova classe media conservatrice e consumatrice degli stessi valori di sempre. Le lotte quasi-insurrezionali di giugno e i loro sviluppi costituenti mostrano che un’altra mobilitazione è possibile, capace di trasmutare i valori sul terreno della democrazia radicale. Per adesso, il potere (il blocco del biopotere) sta rispondendo con una terza inflazione, quella della violenza. Il governo e il PT, dopo un primo momento di tentennamenti, hanno almeno colto questa trappola e hanno cancellato i progetti di legge sul terrorismo (chiesto dalla FIFA) e contro il “vandalismo” (chiesto da tutti o governi degli stati federati e in particolare dai reazionari che governano quello di Rio de Janeiro). Ma il PT non sa come avanzare e la scommessa sulla “repubblica dei farabutti” mostra che in realtà Lula non sa e soprattutto non vuole aprirsi all’orizzonte orizzontale del possibile.

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  1. Il tweet è diventato notizia della stampa: Pelo Twitter, intelectual do PT chama manifestantes de vira-latas

  2. Mediapart offre spazio a questo discorso in un’intervista con uno dei dirigenti storici del PT qui

  3. https://www.facebook.com/mtstbrasil. 

  4. “Non c’è stato Mondiale! Ci sarà solo un evento”. 

  5. Firmato da alcune centinaia di intellettuali, mobilitati contro la repressione dei mesi scorsi e preoccupati con quel che potrà succedere in giugno – luglio, durante il Mondiale. 

  6. Traduzione: la patria degli scarpini. 

  7. Il Mondiale non avrà luogo.