a cura di CARLO ROMAGNOLI[1].
Sintesi Nonostante le evidenze già disponibili depongano chiaramente contro la gestione privata della salute (Closing the gap, OMS 2009), al momento 5,5 miliardi di persone sui 7 che abitano il pianeta devono pagare di tasca propria i servizi sanitari indebitandosi in modo drammatico o più semplicemente rinunciare a curarsi, soffrendo e morendo in tantissim* per malattie prevenibili e/o curabili. Il continente africano, dopo i crimini del colonialismo, subisce quelli del neocolonialismo dove les elites si accaniscono sulle moltitudini imponendo la panoplia di dispositivi biocapitalistici volti a mettere a valore la vita, tra cui la gestione privata della sanità, che, se certamente non produce salute per i poveri, altrettanto sicuramente fa fare soldi ai già ricchi. L’articolo qui tradotto colloca le iniziative “caritatevoli” delle elites mondiali (nel caso di specie la Fondazione Bill e Melinda Gates, principale finanziatrice volontaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) di fronte alla realtà del fallimento sostanziale cui danno luogo, documentando altresi la distanza tra le enunciazioni di principio della Banca Mondiale (favorire l’universalità di accesso alle cure sanitarie) e l’abbandono sostanziale a malattie e morti per le moltitudini. Queste argomentazioni rinviano altresi alla necessità di metaorganizzare il conflitto tra moltitudini ed elites ponendo al centro dell’attenzione quei piani “biopolitici” che, come la salute e l’ambiente, sono di oggettivo interesse per il 99% e sui quali quindi delegittimare sia i dispositivi di sfruttamento sia le retoriche della frazione di capitalisti transnazionali che oggi continuiamo a lasciare liberi di saccheggiare il mondo e mettere a valore le nostre vite.
Nel 2007 la Società finanziaria internazionale (IFC)[2] ha lanciato un rapporto promosso dalla Fondazione Bill e Melinda Gates e basato su attività di ricerca svolte dalla società internazionale McKinsey & Co. (IFC 2011a; IEGWB 2009: 86).
Il rapporto, “Il Business della sanità in Africa: partnership con il settore privato per migliorare la vita delle persone”, illustra il lodevole obiettivo di sviluppare e far rispettare gli standard di qualità del IFC per l’assistenza sanitaria privata, ma contiene anche importanti affermazioni sul ruolo della gestione privata nel contesto del settore sanitario nel continente africano. IFC afferma che:
– il settore privato già fornisce la metà di tutta l’assistenza sanitaria in tutta l’Africa subsahariana e anche di più per i più poveri (IFC 2011A: vii);
– l’assistenza sanitaria privata è spesso più accessibile per i poveri dei servizi statali (IFC 2010: 2; IFC 2011a: 26);
– le imprese del settore privato possono ‘stimolare maggiore efficienza e migliori standard di qualità attraverso la competizione’ stimolando l’adozione di parametri nazionali di riferimento per l’assistenza sanitaria di qualità superiore rispetto a quelli ora assunti dai servizi pubblici;
– fino a due terzi degli investimenti necessari per far crescere di scala e migliorare i servizi sanitari nell’Africa sub-sahariana potrebbe venire da attori non statali.
La stessa IFC, peraltro, rileva che prestazioni e potenzialità del settore “Privato for profit” in sanità restano per lo più non dimostrate da studi specifici e vengono per questo motivo messe in discussione (Oxfam International 2009; Basu et al 2012).
Cionondimeno, nel 2008, l’IFC ha lanciato l’iniziativa “Salute in Africa”, un progetto basato sull’investimento di un miliardo dollari che mirava a catalizzare sia importanti miglioramenti nell’accesso a beni e servizi sanitari di qualità in Africa che protezione finanziaria contro l’impoverimento causato dai costi della malattia, con particolare riguardo agli impatti sui meno abbienti ‘(Investment Climate Servizi di consulenza 2013: 1).
Salute in Africa permetterebbe di conseguire questi obiettivi sfruttando il potenziale del settore sanitario privato, in particolare migliorando l’accesso al capitale per le aziende sanitarie private, permettendo loro di crescere e di ampliarsi, assistendo i governi nella integrazione del settore privato nel complesso del loro sistema sanitario.
Salute in Africa mira a fornire la garanzia che il settore sanitario privato è diventato ‘uno strumento aggiuntivo e potente per progredire verso gli Obiettivi di sviluppo del Millennio” con sforzi supplementari per migliorare la disponibilità delle cure sanitarie per poveri e la popolazione rurale dell’Africa’ (Brad Herbert Associates 2012: 11).
Infine Salute in Africa gode del sostegno di numerosi attori internazionali, inclusi i governi di Francia, Giappone e Paesi Bassi, nonché della “Bill e Melinda Gates Foundation” (IFC e World Bank 2012:1). Altri partner sono rappresentati dalla Banca Africana di Sviluppo e dall’Istituto Tedesco di Finanziamento allo Sviluppo DEG (CFI n.d. a). All’interno della Banca Mondiale l’iniziativa è stata caratterizzata come ‘la nuova strategia della Banca mondiale per la salute’, (Banca Mondiale Gruppo 2012: 1).
Il Curriculum di IFC nel settore sanitario
Fino ai primi anni 1990, IFC aveva attivato solo pochi e sporadici progetti sanitari, non era dotata di un dipartimento di salute o di personale sanitario specializzato (ibid .: 77). Tuttavia, le
operazioni di IFC sono cresciute in modo esponenziale, mentre gli investimenti attualmente
impegnati nel settore raggiungono un totale di 50 miliardi dollari, coinvolgendo quasi 2.000 aziende in 126 paesi. (IFC (n.d. c).
Una valutazione del 2009 su un certo numero di progetti sanitari IFC, implementati tra il 1997 e il 2002, evidenziava:
– l’abbandono del progetto in realizzazione/ costruzione, quando non il completo fallimento del business e il fallimento della società che lo sponsorizzava;
– i risultati dei progetti in termini di sviluppo dei servizi erano considerati bassi, con la segnalazione di una significativa sottoutilizzazione degli impianti in un numero importante di ospedali progettati (Gruppo della Banca mondiale 2012: 83).
Nel decennio successivo le operazioni lanciate dalla IFC nel settore salute hanno evidenziato un certo miglioramento ma hanno continuato a produrre scarsi risultati per una quota importante dei suoi progetti ospedalieri. Solo un terzo dei suoi servizi di consulenza ha raggiunto o superato
i risultati attesi mentre il rapporto costo-efficacia dei progetti è stato considerato basso. L’esperienza
della IFC nella programmazione sanitaria è stata valutata come limitata e sporadica ed ha avuto
sede prevalentemente in paesi a medio basso reddito al di fuori dell’Africa. Lungi dal creare benefici per le classi meno abbienti, è emerso che i progetti per la salute di IFC ‘hanno fornito benefici principalmente a persone di reddito superiore e medio “, quelli che stanno al vertice della piramide della disuguaglianza (ibid .: 90).
La scarsità della performance prodotta caratterizza anche l’iniziativa Salute in Africa. La
revisione intermedia indipendente effettuata sull’iniziativa e pubblicata nel 2012 ha:
– individuato alcune limitate aree di successo
– evidenziato che Salute in Africa ha dato luogo a risultati non uniformi, con il mancato raggiungimento di una serie di obiettivi chiave (Brad Herbert Associates 2012: 11).
La revisione si congratula con la IFC per aver attivato un nuovo fondo azionario che si propone di incentivare gli investimenti del settore sanitario a beneficio delle persone che si trovano nella cosiddetta ‘base della piramide’. Tuttavia, come discusso più avanti, uno sguardo più da vicino a questo meccanismo di incentivazione rivela gravi carenze che lo rendono in gran parte privo di senso come approccio efficace per garantire ai poveri benefici da parte di investimenti in fondi azionari.
Scarsi i progressi di Salute in Africa per quanto riguarda gli investimenti
E ‘chiaro che le attività di Salute in Africa non sono riuscite a fornire ovunque la scala di
investimenti sanitari e riforme di cui era stato previsto il raggiungimento.
Gli scarsi progressi registrati hanno portato molti soggetti interessati a etichettare Salute in
Africa semplicemente come un insieme di ‘chiacchiere e scartoffie’, facendo loro suggerire che
l’iniziativa dovrebbe ‘smettere di far sprecare tempo a tutti’ (ibid .: 47, 50).
Salute in Africa era progettato per generare 1.000 milioni dollari attraverso tre principali
meccanismi di investimento:
– $ 300 milioni da schemi di investimento “equity fund”;
– 500 milioni sotto forma di agevolazioni sui debiti concessi da banche locali ad attori della sanità privata;
– 200 milioni di dollari sotto forma di assistenza tecnica (IFC 2010, IFC e la Banca Mondiale 2012: 4).
Il patrimonio e gli schemi di debito erano finalizzati a fornire capitali per nuove piccole e medie
imprese (PMI), canalizzando verso di loro investimenti più gestibili rispetto alle grandi dotazioni di
fondi fornite direttamente alle aziende da parte del IFC (World Bank Group 2012: 1).
Gli apporti patrimoniali a sostegno di Salute in Africa comprendono investimenti in due fondi azionari privati: il Fondo sanitario Africa gestito dal Gruppo Abraaj (IFC n.d. a) ed il Fondo Investimenti per Salute in Africa (IFHA) istituito dalla fondazione olandese PharmAccess nel febbraio 2007 (IFC ° b); i due fondi nel complesso hanno raccolto, a giugno 2011, 172 milioni di dollari per Salute in Africa (Brad Herbert Associates 2012: 6), mentre IFC ha contribuito con 26 milioni di dollari[3]. Tuttavia, solo 24 milioni dollari erano in realtà stati erogati (ibid .: 32).
La parte restante rimaneva inutilizzata nei fondi azionari, subendo peraltro decurtazioni a causa di pesanti spese di gestione[4]. Inoltre, 24 milioni di dollari costituiscono l’investimento complessivo cui ha dato vita Salute in Africa a giugno 2011, appena il 2,8 per cento del target di 850 milioni dollari[5].
Negli ultimi anni, forse proprio a causa del fallimento significativo nel raggiungimento dell’obiettivo di attivare 1.000 milioni di dollari a favore di Salute in Africa, la IFC ha iniziato la commercializzazione dei propri investimenti sanitari diretti in Africa sub-sahariana, il più grande dei quali ammonta a più di 93 milioni dollari, quasi quattro volte gli investimenti propri di Salute in Africa (ibid .: 4).
Raggiungere i più poveri?
I documenti dell’IFC hanno più volte sottolineato l’intenzione di Salute in Africa di concentrarsi sui benefici per le popolazioni meno abbienti nell’Africa sub-sahariana: il suo piano presentato al consiglio della Banca mondiale nel 2007 sottolineava l’importanza di migliorare la ‘disponibilità delle cure sanitarie per poveri e la popolazione rurale dell’Africa ‘(ibid .: 4). Nonostante questo, vi è una chiara evidenza di carenze sistematiche in tutte le linee di intervento attivate per avere un impatto sui poveri. Questo include:
– insufficienza delle analisi su come raggiungere i poveri in modo efficace attraverso il settore privato;
– mancanza di investimenti diretti a beneficio dei poveri;
– mancanza di misurazioni volte a rilevare se le persone povere sono state raggiunte dai benefici del programma (ibid .: 4, 18, 41).
Una revisione indipendente intermedia rileva come il lavoro analitico di Salute in Africa abbia completamente tralasciato ‘o per omissione o per carenze nel disegno dell’intervento’ di ‘impegnarsi sull’unico importante punto di polemica globale che riguarda il ruolo del settore privato in materia di salute in Africa: il ruolo – se mai ne esiste uno – che il settore sanitario privato può e deve svolgere per conseguire impatti sullo sviluppo’. Nonostante l’attenzione dedicata formalmente ai ‘meno abbienti’, la IFC non ha fatto alcun tentativo di rispondere alla domanda: ‘il rafforzamento del settore sanitario privato comporta migliori risultati di salute per i poveri?’ (ibid .: 4, 18, 20). Un’ulteriore preoccupazione riguarda l’evidente mancanza di considerazione per l’equità di genere: l’iniziativa mira a promuovere l’uguaglianza di genere e, in caso affermativo, come questo sarà misurato?. Dato che le donne rappresentano una quota sproporzionata fra le popolazioni povere e rurali, si tratta di una svista preoccupante ed è in contrasto con l’impegno del Gruppo Banca Mondiale “Promuovere l’uguaglianza di genere”.
Le informazioni pubblicamente disponibili suggeriscono che gli investimenti attivati da Salute in Africa fino ad oggi sono esitati quasi uniformemente in costosi ospedali urbani che offrono cure specialistiche di terzo livello per cittadini ricchi e per espatriati dei paesi africani. L’intenzione di raggiungere l’élite, compresi coloro che sono abbastanza ricchi per farsi curare all’estero come turisti per la salute, è esplicitata in diverse scelte di investimento:
– la Clinique La Providence in Ciad ha ricevuto un prestito IFC di 1,5 milioni dollari per rendere disponibili a livello locale, servizi di assistenza sanitaria per i quali i ciadiani sono attualmente costretti a recarsi all’estero’ (IFC Progetti Database 2014A);
– la già ben consolidata Clinique Biasa del Togo ha ricevuto un investimento di 1,7 milioni dollari e si descrive come ‘uno dei tre migliori ospedali privati di Lomé’ (Private Equity Africa 2012);
– in Nigeria (un paese che porta il 14 per cento di tutto il peso globale di mortalità materna) il Fondo sanitario per l’Africa ha investito 5 milioni di dollari nel primo centro di fecondazione in vitro dell’Africa occidentale con l’obiettivo, per citare Jacob Kholi managing partner del fondo Salute in Africa, di «fornire trattamenti dell’infertilità di livello mondiale” (Abraaj Gruppo 2012).
Il più grande investimento di IFC per Salute in Africa fino ad oggi ha dato vita a “Life Healtcare” – la seconda società del Sudafrica per capitale – con servizi che coprono una rete di sessantatre ospedali più altre strutture in tutto il paese (IFC Progetti Database 2014b); i servizi di “Life Healthcare” rimangono inaccessibili anche per molti sudafricani relativamente ricchi[6]. Inoltre, “Life Healtcare” è si in rapida espansione, ma soprattutto al di fuori dei mercati africani: la sua crescita principale da quando ha ricevuto 93 milioni dollari di investimenti di Salute in Africa è stata l’acquisizione nel 2011 di una quota del 26 per cento in uno dei più grandi gruppi ospedalieri dell’India (Hasenfuss 2011).
Alcuni degli investimenti di Salute in Africa sono stati indirizzati verso piccole imprese, ma questi ospedali ancora forniscono lo stesso tipo di servizi costosi e inaccessibili ai più.
Nell’ospedale delle donne di Nairobi, supportato finanziariamente da “Salute in Africa”, il pacchetto di base per l’assistenza alla maternità costa 463 $, il valore di 3-6 mesi di retribuzione percepita mediamente da una donna keniota. Questo prezzo aumenta di quasi 280 dollari se viene coinvolto un medico ostetrico e di più ancora se è necessario un taglio cesareo. L’ospedale afferma di soddisfare donne keniote di famiglie a basso e medio reddito, ma la media dei costi ospedalieri sostenuti da ciascun paziente era pari a 845 dollari procapite nel 2011. Due terzi di keniani avrebbe dovuto rinunciare almeno a tutto il loro reddito complessivo per oltre un anno per pagare tali prezzi[7].
Tutti i servizi effettivamente messi a disposizione delle persone povere nel portafoglio di investimenti di Salute in Africa sembra essere limitato a progetti di responsabilità sociale di impresa di scala minuscola, come la donazione di 250 coperte o la sponsorizzazione di otto pompe per l’acqua in alcune scuole o due giorni di depistaggio gratuito per le malattie oculari per 200 persone (Nakasero Ospedale nd: 1, 4).
Investimenti ad alto costo ed a basso impatto
Salute in Africa non è riuscita attraverso il suo portafoglio di investimenti a dimostrare la consistenza delle rivendicazioni di maggiore efficienza ed economicità nel settore della sanità privata. Invece ci sono numerosi esempi di investimenti ad alto costo e basso impatto, che apportano un contributo trascurabile alla scala complessiva della copertura sanitaria. Gli investimenti di Salute in Africa nella clinica ciadiana La Providence si sono tradotti in un costo di $ 50.000 per letto attivato, mentre la mancanza di informazioni trasparenti e accurate rende impossibile indagare perché i costi sono così alti. Allo stesso modo, Salute in Africa ha investito nei cosiddetti leader delle assicurazioni sanitarie della Tanzania, Strategis Insurance (IFHA nd), che ha avuto appena 30.000 persone arruolate. La più grande organizzazione di assistenza sanitaria dell’Africa orientale, AAR Sanitari Holdings, ha beneficiato due volte di investimenti da parte dell’IFC[8], ma ancora oggi fornisce servizi ambulatoriali a solo 500.000 persone all’anno in tutta la regione (IFC 2013).
L’obiettivo di AAR di servire un ulteriore quota di 600.000 pazienti ambulatoriali all’anno entro il 2018 (ibid.), vedrebbe il raggiungimento di un mero 1,9 per cento del totale di tale quota nei tre paesi in cui opera entro questa data.
Box Assicurazione sanitaria dei lavoratori del settore tecnologie dell’Informazione
Una serie di programmi di partenariato tra IFC e compagnia Hygeia (IFC e la Banca Mondiale 2012) in Nigeria sono stati valorizzati come capaci di estendere la copertura sanitaria a comunità nigeriane a basso reddito. Uno schema assicurativo collegato con Salute in Africa ha ricevuto 6,1 milioni dollari da IFC, proprio per sovvenzionare l’assicurazione sanitaria per 22.500 lavoratori a basso reddito del settore Tecnologie dell’Informazione a Lagos, in cinque anni a partire dal 2008 (GBOPA nd). Il progetto pilota esclude automaticamente i nigeriani più poveri e vulnerabili; gli iscritti sono tenuti ad avere un lavoro formale e guadagnare 300.000 naira un anno o meno (l’equivalente di circa $ 5 al giorno, mentre il 68 per cento di nigeriani vivono con $ 1,25 o meno al giorno).
Tale esclusione diventa ancora più chiara se si considerano i costi dello schema assicurativo: nel primo anno gli iscritti pagano $ 10 per aderire. Entro cinque anni, poiché la sovvenzione IFC si riduce nel tempo, il costo sale a 53 dollari. Oltre il periodo quinquennale previsto dal progetto si può assumere solo che l’intero costo del premio assicurativo $ 93 cadrà sui singoli sottoscrittori, a meno che il governo sia persuaso a farsene carico. Per sostenere questi costi su scala nazionale sarebbe necessario triplicare l’attuale spesa sanitaria pro capite sostenuta dal governo[9].
Anche a questo costo insostenibile, il regime di assicurazione esclude un grande numero di servizi essenziali di assistenza sanitaria, tra cui il trattamento del cancro, terapia intensiva, la pianificazione familiare, qualsiasi intervento chirurgico importante, così come molti altri servizi essenziali per la salute[10].
Secondo le informazioni a disposizione del progetto, il sistema non è riuscito a raggiungere il suo numero programmato di iscritti. Oggi, un anno dopo che il progetto avrebbe dovuto chiudere, meno del 40 per cento dei beneficiari previsti sono stati raggiunti e solo il 54 per cento del finanziamento IFC è stato erogato[11].
Chiudere un occhio per misurare l’impatto
L’approccio tenuto da IFC con Salute in Africa è in contrasto con l’enfasi posta dal presidente del gruppo della Banca mondiale Jim Kim sulla necessità di adottare approcci basati sull’evidenza “(Kim 2012). La revisione indipendente intermedia afferma che ‘il tema della sanità privata è controverso, e questo avrebbe dovuto indurre Salute in Africa a rivolgere un maggiore impegno nella definizione dei risultati attesi e poi nel valutarli. Questo non è avvenuto, e come risultato è ora difficile valutare fino a che punto Salute in Africa ha avuto un impatto reale ‘(Brad Herbert Associates 2012: 4).
Il particolare fallimento della IFC nel misurare in che misura Salute in Africa impatti sulle persone che vivono in povertà è niente di meno che sorprendente.
Gli indicatori di performance delineati nel piano industriale di Salute in Africa non sono sufficienti per valutare qualsivoglia tipo di impatto sui meno abbienti (ibid .: 32). I fondi azionari di Salute in Africa hanno l’obiettivo di fornire “servizi a persone meno abbienti ed a basso reddito” attraverso i loro investimenti, ma poi non lo fanno, non misurano i loro tentativi di farlo. Il fondo di investimento per la salute in Africa richiede semplicemente alle società presenti nel suo portafoglio di compilare un questionario sull’impatto ambientale, sociale e sullo sviluppo avuto e fa una serie di ipotesi, tra cui quella che la estensione dell’assicurazione, della tele-medicina e di altri prodotti e servizi aumenteranno un accesso equo alle cure sanitarie ad impatto positivo (IFHA 2012).
Il provider delle attività di telemedicina supportato dal fondo (una società sudafricana chiamata ‘Ciao Dottore’) è stato poi bollata come non etica dal Consiglio delle professioni sanitarie.
La revisione intermedia effettuata rileva che un quadro dei risultati sarebbe ‘stato finalmente messo a punto’ per la salute in Africa, ma nonostante le richieste degli autori fino ad oggi l’IFC non lo ha ancora messo a disposizione dei revisori indipendenti (ibid .: 4).
Inaffidabile e opaco: l’uso di intermediari finanziari
L’assenza di qualsiasi genuino tentativo di misurare l’impatto di Salute in Africa sullo sviluppo è aggravato dall’uso dell’iniziativa da parte di intermediari finanziari (IF), che investono per conto proprio. Nel 2011, oltre la metà del portafoglio totale di IFC era costituito da prestiti di questi tipo e una indagine fatta da Oxfam ha identificato diversi preoccupanti problemi connessi (Oxfam 2012: 1), tra cui opacità, complessità, concentrarsi sui rendimenti finanziari più che dell’impatto sullo sviluppo, concentrarsi su rischi finanziari piuttosto che di quelli ambientali e sociali, mancanza di controllo o della capacità di influenzare le pratiche di business delle società partecipate, e in ultima analisi, la lontananza tra i progetti finanziati e l’impatto che hanno sulla povera gente (ibid .: 3-6; Nash 2013).
Una relazione del 2012 prodotta dal Compliance Advisor Omdbudsman (watchdog del IFC) ha rilevato che IFC non riesce a monitorare nemmeno se i propri investimenti tramite intermediari finanziari stanno causando un danno ai poveri e per l’ambiente, figuriamoci quanto riesca a misurare se portano benefici per lo sviluppo (CAO 2012: 24- 5). Questa carenza di informazioni può rendere impossibile per le comunità scoprire se la IFC è persino coinvolta in un progetto, tanto meno sanno che potevano reclamare o accedere a meccanismi di ricorso (Nash 2013).
La risposta della Banca Mondiale alla valutazione intermedia di Salute in Africa
La risposta ufficiale del Gruppo Banca Mondiale (World Bank Group 2012) ai risultati critici della valutazione intermedia su Salute in Africa ha per lo piu’ sottolineato il carattere pilota dell’iniziativa e il fatto che la squadra IFC è stata impegnata in un approccio del tipo ‘apprendere facendo’. Questa difesa viene però poi minata dalla loro stessa ammissione che il monitoraggio e la valutazione, un prerequisito per imparare facendo, non hanno ricevuto sufficiente attenzione nel primo anno. In effetti, Salute in Africa non ha avuto un quadro dei risultati globali fino al 2011. Inoltre
sottolineando la scarsa comprensione del IFC per gli scopi del monitoraggio e della valutazione, il documento si impegna a definire un criterio verificabile per giudicare il successo di Salute in Africa ‘per il momento in cui si concluderà’ (ibid .: 6).
In risposta alla mancanza di attenzione per i meno abbienti, la risposta del management della Banca Mondiale sembra in contrasto con quanto affermato nella stessa documentazione di Salute in Africa, sostenendo che l’iniziativa ‘non ha intenzione di avere un focus diretto sui meno abbienti in tutto ciò che ha fatto, in particolare sul fatto se la sua politica funzioni’. La stessa fonte prosegue affermando che sono stati prodotti dei benefici indiretti, tra le altre cose, migliorando il funzionamento dell’ ambiente in cui opera il settore privato. La risposta ribadisce tutte le assunzioni infondate di IFC e l’aspettativa che il miglioramento e la crescita del settore privato nei paesi a più basso reddito potranno apportare automaticamente benefici ai poveri (ibid .: 4-6).
Conclusioni
Le valutazioni disponibili suggeriscono che l’iniziativa di IFC Salute in Africa lavora in contrasto con l’impegno assunto da parte della leadership del Gruppo della Banca mondiale per una copertura sanitaria universale ed equa. Mentre il fallimento dell’iniziativa nel mobilitare i livelli di investimento previsti è comunque di un certo interesse, molto preoccupante è la mancanza di attenzione per i poveri, e in particolare per le donne. L’assenza di un quadro solido e completo per misurare l’impatto, in particolare sui poveri, mina il senso della scelta di IFC di lavorare con l’approccio ‘apprendere facendo’ quando non ha fatto nulla per confutare le pesanti prove che dimostrano i rischi e le iniquità di un approccio commerciale in sanità. Molto deboli quando non inesistenti sono le rassicurazioni, fornite dalla Banca Mondiale nelle considerazioni ufficiali prodotte in occasione della valutazione intermedia, per rassicurare sul fatto che la IFC si è impegnata in un approccio a favore dei poveri basato sull’evidenza. La leadership della Banca mondiale dovrebbe rivedere completamente le operazioni della IFC in Sanità e porre in discussione come queste si integrano con, e sono appropriate per raggiungere gli obiettivi generali di porre fine alla povertà estrema e promuovere una prosperità condivisa.
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29) —(2012) ‘Aureos in $1.7m Clinique Biasa deal’, 4 July, www.privateequityafrica.comuncategorized/aureos-in-1-7m-clinique-biasa-deal/, accessed 11 May 2014.
30) Umar, R. S. and L. Rondganger (2011) ‘Hello Doctor under fire’, IOL News, 10 May, www.iol.co.za/news/south-africa/kwazulu-natal/hello-doctor-under-fire-1.1066992#.UkrU1K416eZ, accessed 11 May 2014.
31) WHO Global Health Expenditure Database (n.d.) ‘Health Systems Financing country profile: Nigeria, 2011’, viewed 11 May 2014, apps.who.int/nha/database/StandardReport.aspx?ID=REPORT_COUNTRY_PROFILE, accessed 11 May 2014.
32) World Bank Group (2012) World Bank Group Management Response: Health in Africa Independent Mid Term Evaluation, Washington, DC, August
[1] Tradotto ed adattato da Carlo Romagnoli da “Global Health Watch 4. An alternative World Health Report” Section D6 “The International finance corporation’s “Health in Africa Initiative”, 2014, pp. 309-318, Zed Books Ltd , London
[2] IFC è un membro del Gruppo Banca Mondiale. Sul suo sito web (www.ifc.org), IFC afferma di essere ‘la più grande istituzione di sviluppo globale focalizzata esclusivamente sul settore privato nei paesi in via di sviluppo
[3] IFC ha investito $6.79 milioni in IFHA (IFC n.d. b)
[4] Ad esempio, Aureos Capitale prende 2.25 per cento dal Fondo Salute in Africa come “spese di gestione”. Vedere Lister (2013)
[5] Il target 850.000.000 dollari comprende 500 milioni dollari per l’equità, $ 300 milioni per il debito e $ 50 milioni per l’assistenza tecnica associata (Brad Herbert Associates 2012: 32).
[6] Vedi il sito Life Healthcare’s per gli esempi sul costo addizionale dei medici privati (al di fuori di regimi sovvenzionati) a ‘Ospedali per la vita’: Life Westville Hospital, ww.lifehealthcare.co.za/Hospitals/DisplayHospital.
aspx?nHospitalId=61; Life East London Private Hospital, www.lifehealthcare.co.za/Hospitals/DisplayHospital.aspx?nHospitalId=14; Life Faerie Glen Hospital, www.lifehealthcare.co.za/Hospitals/DisplayHospital.aspx?nHospitalId=20, accesso del 11 Maggio 2014
[7] I costi del “pacchetto maternità” venduto all’Ospedale delle donne di Nairobi sono pari a KSh40,000 (dato confermato in una corrispondenza con l’ospedale delle donne di Nairobi, febbraio 2014, e convertito in xe.com marzo 2014)
[8] Una partecipazione di 4 milioni dollari da erogarsi a (IFC Progetti 2014c database) e un ulteriore acquisto di un 20 per cento delle azioni dal Fondo di investimento per Salute in Africa (Private Equity Africa 2010)
[9] Secondo i dati disponibili il governo nigeriano ha speso 29,6 dollari pro capite nel 2011 (WHO Spesa sanitaria globale n.d. Database)
[10] Compresi i servizi ad alta tecnologia (CT scansioni, MRI, ecc); epidemie che colpiscono di più del 10 per cento della popolazione; lesioni derivanti da calamità naturali, guerre o disordini; la dialisi; anomalie congenite; fornitura
di occhiali, aiuti o cure dentistiche udito; e abuso di droghe
[11] Lo schema asicurativo aveva 8.862 iscritti rispetto ad un obiettivo di 22.500 a partire dal maggio 2013.