La versione originaria di quest’articolo è apparsa il 2 febbraio 2021 nella rivista online The Conversation. Dall’articolo di Elia Apostolopolou emerge quanto siano intricate le geografie economiche e politiche del capitalismo contemporaneo. In particolare, l’articolo mostra come le strategie cinesi di espansionismo commerciale siano sostenute attivamente da governi che sono parte integrante del blocco occidentale (come la Grecia e la Gran Bretagna di cui si parla nel testo, dalla prospettiva di Atene e Londra) o che hanno conservato una posizione formalmente non allineata ad alcuna potenza mondiale nelle relazioni internazionali (come lo Sri Lanka, il terzo paese preso qui in esame attraverso le trasformazioni che interessano la sua capitale, Colombo). Nel mondo attuale, non esistono dunque più blocchi geopolitici separati e corrispondenti direttrici geo-economiche in competizione tra loro. Piuttosto, siamo di fronte a un ordine globale variegato fondato sulla logica unitaria dell’estensione costante dei processi estrazione capitalistica di valore economico mediante una varietà di strategie politico-economiche e di governo del territorio. Dopo la pubblicazione dell’edizione italiana del libro di Sandro Mezzadra e Brett Neilson dedicato a questi temi (Operazioni del Capitale, Manifestolibri, 2021) EuroNomade prosegue dunque nella discussione del capitalismo globale contemporaneo, osservato dal punto di vista della geografia economica e politica critica (U.R.).
Di ELIA APOSTOLOPOULOU*
L’antica Via della Seta era una rete storica di rotte commerciali che si estendevano dalla Cina all’Europa. Le sue origini risalgono a circa duemila anni fa, durante la dinastia Han, considerata l’età d’oro della Cina. Nel 2013, il presidente cinese Xi Jinping annunciò solennemente l’intenzione di dare nuova vita a questa rete commerciale. La Via della Seta del ventunesimo secolo, nota in inglese anche come Belt and Road Initiative o come One Belt One Road, è il progetto infrastrutturale di più ampia portata che abbia interessato il mondo contemporaneo da vari decenni a questa parte. Le stime più prudenti prevedono che i costi di tale iniziativa possano superare il trilione di dollari statunitensi.
Il progetto della Nuova Via della Seta implica uno sviluppo massiccio di rotte commerciali e progetti infrastrutturali, facendo leva su un’ampia varietà di dotazioni materiali (ferrovie, aeroporti, porti, gasdotti, parchi industriali e complessi immobiliari) e strumenti giuridico-politici, come accordi commerciali e trattati di cooperazione inter-governativa. L’evoluzione del progetto della Nuova Via della Seta può avere un impatto notevole sul mondo attuale in termini politici, economici e culturali, oltreché ambientali per la pressione cui sottopone gli ecosistemi che ne sono toccati. Già oggi, si può osservare come il progetto della Nuova Via della Seta stia alterando in profondità il metabolismo di aree urbane collocate in regioni disparate del pianeta, dando priorità alla produzione di ricchezza e minacciando la stabilità delle comunità più vulnerabili.
Tre città
Le mie attività di ricerca si sono recentemente concentrate su tre centri urbani interessati dal progetto della Nuova Via della Seta. Ad Atene, Cosco Shipping – un conglomerato multinazionale con sede a Shanghai specializzato nella fornitura di servizi marittimi, che discende da un’omonima azienda preesistente di esclusiva proprietà dello Stato cinese (Cosco sta per China Ocean Shipping Company) – gioca un ruolo chiave nel processo di privatizzazione ed espansione materiale del porto del Pireo. La strategia del governo cinese tramite la sua ex controllata è di fare del Pireo una porta fondamentale di ingresso dei prodotti cinesi in Europa.
La seconda città è Colombo, dove la China Harbour Engineering Company (una compagnia ancora controllata direttamente dallo Stato cinese) sta portando avanti un progetto di sea reclamation, vale a dire di sottrazione di terra ai fondali marini, con l’obiettivo di creare una città ex novo dall’oceano. Il piano prevede che la nuova città portuale che sorgerà nei pressi della capitale dello Sri Lanka, denominata Colombo Port City, possa divenire uno snodo centrale della direttrice marittima della Nuova Via della Seta.
Infine, a Londra l’impresa di investimenti immobiliari di nazionalità cinese denominata Advanced Business Park (ABP) è stata designata fin dal 2013 dalla Greater London Authority – l’ente che governa la città di Londra e la sua contea metropolitana – per realizzare la trasformazione del Royal Albert Dock nella zona orientale di Londra – tra le poche aree portuali della capitale britannica a non essere stata “rigenerata”, vale a dire “gentrificata” negli anni precedenti – da decadente sito post-industriale a scintillante distretto dedito al business globale.
In queste tre città, lo spazio urbano è divenuto oggetto di un processo di trasformazione che è l’esito dell’intrecciarsi di progetti infrastrutturali in diversi ambiti, in particolare nel settore dei trasporti, in quello immobiliare e nel commercio. Questi progetti prevedono la costruzione di appartamenti e alberghi di lusso, di esclusivi club di intrattenimento e di sfavillanti grattacieli, nonché la creazione di corridoi commerciali specificamente rivolti agli investitori esteri (i cosiddetti international trade corridors).
Nuove diseguaglianze
I progetti legati alla progettualità cinese della Nuova Via della Seta, come quelli appena brevemente descritti, destabilizzano le condizioni di vita delle comunità più vulnerabili che risiedono in queste città. Ad Atene e a Londra, gli investimenti cinesi hanno portato a un aumento dei prezzi di affitto delle case, mettendo a repentaglio la sicurezza abitativa delle persone che abitano nelle aree interessate. Il Pireo sta diventando un’area produttiva incompatibile con le funzioni residenziali: comitati civici locali insieme a diversi scienziati hanno espresso i propri timori rispetto alla situazione attuale che vede lo stoccaggio di rifiuti industriali in siti collocati in prossimità di scuole, abitazioni e parchi. A Londra, il progetto di trasformazione urbana affidato alla ABP è volto a soddisfare le mire speculative di grandi investitori, relegando ai margini le esigenze degli abitanti appartenenti ai ceti più deboli – il Royal Albert Dock si trova a Newham, un’area socialmente svantaggiata di East London.
Nella capitale srilankese di Colombo, la nuova città-porto è un esempio di cosiddetta rigenerazione urbana che ha l’effetto di attrarre grandi imprese investitrici ma al tempo stesso di spingere i residenti a basso reddito e le comunità immigrate ad abbandonare quelle aree. In questo caso il progetto prevede hotel di lusso, centri commerciali, residenze di prestigio, ville affacciate sul mare, giardini privati, casinò e grattacieli. Ci sono motivati timori che i lavori di massiccia escavazione di sabbia costiera potranno provocare danni permanenti alla linea di costa di Colombo e alle attività di pesca che vi hanno luogo, minando le possibilità di sopravvivenza delle persone le cui vite dipendono dalle economie marine di sussistenza.
Durante le mie ricerche sul campo ho constatato come le organizzazioni sindacali del lavoro e quelle per i diritti delle donne siano state costrette a sciogliersi nel Pireo come a Colombo, mentre le promesse di nuovi posti di lavoro sono rimaste sulla carta in tutte e tre le città che ho studiato. Alle associazioni che danno voce alle istanze della società civile non resta che accettare l’esclusione dai processi decisionali o, al limite, accontentarsi della partecipazione in consulte civiche prive di ogni potere effettivo. I governi tentano di reprimere in via preventiva ogni accenno di protesta contro questi progetti di trasformazione urbana, con modalità che variano dalla presenza invadente delle forze di polizia nelle zone interessate fino agli sgomberi forzati degli spazi associativi. Tuttavia, forme di resistenza a questi progetti restano in campo.
I progetti legati all’Iniziativa della Nuova Via della Seta testimoniano l’importanza crescente acquisita dagli investimenti esteri nelle trasformazioni delle città contemporanee. Importanti infrastrutture pubbliche come i porti sono ora sotto il controllo proprietario o manageriale cinese in aree che si situano nel cuore pulsante di città di primaria importanza economica e politica per le rispettive nazioni, come abbiamo visto per Atene, Colombo e Londra. Questi progetti prevedono la creazione di “zone economiche speciali” dove le imprese e gli investitori internazionali possono fruire di regimi fiscali favorevoli e di un alleggerimento sostanziale delle norme urbanistiche. La Nuova Via della Seta sta cambiando le città che ne sono attraversate, trasformandole in spazi dedicati all’accumulazione di nuova ricchezza, al libero scambio e al consumo di lusso. Non è solo l’influenza cinese che orienta tali progetti in questa direzione. È chiaro che i governi nazionali e gli interessi delle elites locali giocano un ruolo altrettanto centrale. La promozione governativa dei progetti appena descritti che riguardano Pireo, Colombo e Londra mostra quali siano le aspettative nazionali dietro queste iniziative.
Colombo è presentata come la nuova Dubai, mentre Drapetsona, un quartiere con una storica composizione operaia situato in prossimità del porto del Pireo, è proposto alla cittadinanza come un nuovo “Docklands” – l’area di Londra nota per la sua trasformazione urbana orientata al consumo di epoca thatcheriana. Il Royal Albert Dock è destinato a diventare la terza area di Londra per concentrazione di imprese attive nel settore finanziario dopo Canary Wharf (la zona lungo il Tamigi da cui partì la “rigenerazione” dei Docklands negli anni Ottanta) e la City.
L’iniziativa commerciale della Nuova Via della Seta, pertanto, colloca i profitti privati al di sopra di ogni valutazione di sostenibilità sociale e ambientale. Le aree urbane diventano veri e propri “non-luoghi”: vale a dire, spazi che si assomigliano sempre di più tra loro, privati di segni originali di riconoscimento collettivo per le comunità di abitanti. Questi processi finiscono con il cancellare le storie dei luoghi, imponendo una mutazione degli spazi urbani in enclave riservate al commercio internazionale, all’imprenditorialità rampante e al consumo. Per dirla in breve, queste trasformazioni aprono la strada a un modello di sviluppo urbano che accresce le diseguaglianze sociali e territoriali, accentuando la tendenza già esistente a segregare la popolazione urbana in base alla classe sociale di appartenenza.
Traduzione dall’inglese di Ugo Rossi.
*Elia Apostolopoulou è una geografa e attivista. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in ecologia politica presso l’Università di Salonicco in Grecia, attualmente lavora come ricercatrice presso l’Istituto per studi sulla Sostenibilità dell’Università di Cambridge, in Gran Bretagna.