Presentiamo qui i materiali che compongono il Quaderno di EuroNomade dedicato al Contropotere. Il Quaderno può essere scaricato cliccando qui.


A cura di ROBERTA POMPILI

Le pagine che presentiamo di seguito sono del filosofo e psicoanalista Félix Guattari e sono tratte dallo scritto Le tre ecologie del 1989.  Per l’autore l’uomo non si trova al vertice di una struttura gerarchica del vivente, ma la vita umana è inserita dentro tre piani ecologici: quello ambientale, quello sociale ed economico e quello mentale. Al centro della sua analisi si trova il rapporto tra la soggettività e la sua esteriorità – sociale, animale, vegetale o cosmica – che si struttura all’interno delle semiotiche del capitale (economiche, giuridiche, tecnico scientifiche e in generale di soggettivazione). L’ecosofia rappresenta un approccio etico-politico-estetico con cui reinventare il soggetto: il contropotere, in questo caso, ha anche a che fare con le prassi eco-logiche che in una dimensione aperta, in divenire e processuale si sforzano di produrre vettori di soggettivazione e contemporaneamente di singolarizzazione, richiamando altre intensità di movimento ed altre configurazioni esistenziali. La logica della intensità o ecologica si interessa al movimento, opposto al sistema e alla struttura, e si occupa dell’esistenza che sta contemporaneamente definendosi e deterritorializzandosi. L’eterogenesi, intesa come continuo processo di risingolarizzazione apre a territori esistenziali in grado di produrre autonomia creativa e trasformazione.

Fonte: F. Guattari, F. La Cecla, Le tre ecologie, Milano, Sonda, 2019, pp. 40-44.

In questa prospettiva, i sintomi e gli incidenti fuori norma andranno considerati come indici di un potenziale lavoro di soggettivazione. Mi sembra quindi essenziale che si organizzino nuove pratiche micropolitiche e microsociali, nuove solidarietà, una nuova dolcezza unitamente a nuove pratiche estetiche e a nuove pratiche analitiche delle forme dell’inconscio: mi sembra che sia l’unica via possibile affinché le pratiche sociali e politiche si rimettano sui loro piedi, cioè lavorino per l’umanità e non per un semplice riequilibrio permanente dell’universo delle semiotiche capitalistiche. Mi si potrebbe obbiettare che le lotte su vasta scala non sono necessariamente in sincronia con le prassi ecologiche e le micropolitiche del desiderio, ma sta proprio lì il problema: i diversi livelli di pratica non solo non devono venire omogeneizzati, collegati gli uni agli altri sotto una tutela trascendente, ma, al contrario, è opportuno impegnarli in processi di eterogenesi.

Le femministe non saranno mai abbastanza coinvolte nel diventare donna e non esiste alcuna ragione per chiedere agli immigrati di rinunciare a tratti culturali che sono incollati al loro essere, oppure alla loro appartenenza nazionale. È utile lasciare che le culture particolari si diffondano, inventando nuovi contratti tra i cittadini. È utile far convivere la singolarità, l’eccezione, la rarità con un ordine statuale il meno pesante possibile.

L’eco-logia non impone più di risolvere i contrari, come lo pretendevano le dialettiche hegeliane e marxiste. In particolare nel campo della ecologia sociale verranno tempi in cui lottare, in cui tutti e tutte saranno portati a concentrarsi su obbiettivi comuni e a concentrarsi “come dei piccoli soldati” – voglio dire come dei buoni militanti – ma, contemporaneamente, verranno tempi di resingolarizzazione in cui le soggettività individuali e collettive si “trarranno in disparte” e in cui prevarrà l’espressione creatrice in quanto tale, senza più preoccuparsi delle finalità collettive. Questa nuova logica ecosofica, lo sottolineo, è simile a quella dell’artista che può venir spinto a rimaneggiare la sua opera a partire da un dettaglio accidentale, da un fatto incidente che di colpo gli fa biforcare il suo progetto iniziale, lo fa scapocciare lontano dalle sue precedenti prospettive, per quanto ben ancorate. Un proverbio dice che “l’eccezione conferma la regola”, ma può anche curvarla o ricrearla.

L’ecologia ambientale, per come esiste oggi, a mio avviso non fa che abbozzare e prefigurare l’ecologia generalizzata che sto preconizzando qui e che avrà come fine quello di decentrare radicalmente le lotte sociali e i modi di assumere la propria psiche.

Gli attuali movimenti ecologici hanno sicuramente dei meriti, ma in verità, penso che la questione ecosofica globale sia troppo importante per venire lasciata a certe sue correnti arcaicizzanti e folkloristicizzanti, che optano talora deliberatamente per un rifiuto per qualsiasi impegno politico su vasta scala. La connotazione dell’ecologia non dovrebbe più essere legata alla immagine di una piccola minoranza di amanti della natura o di specialisti accreditati.

Essa pone in discussione l’insieme della soggettività e delle formazioni di poteri capitalistici, che non hanno alcuna garanzia di prevalere com’è stato nell’ultimo decennio.

Non solo la crisi permanente attuale, finanziaria ed economica, può sfociare, in importanti rovesciamenti dello status quo sociale e dell’immaginario mass-mediatico che lo sottende, ma taluni temi veicolati dal neoliberalismo, che riguardano ad esempio, la flessibilità sul lavoro, lo svincolarsi dalle regole normative ecc., possono benissimo rivoltarglisi contro.

Insisto, questa scelta non è più unicamente tra un attaccamento cieco alle antiche tutele statalburocratiche, a un welfare generalizzato, e un abbandonarsi disperato e cinico all’ideologia degli yuppies. Tutto fa pensare che gli incrementi di produttività determinanti dalle attuali rivoluzioni tecnologiche si iscriveranno lungo una curva di crescita logaritmica. Il problema quindi è sapere se dei nuovi operatori ecologici e delle nuove concatenazioni di enunciazioni ecosofica riusciranno o meno ad orientarli verso strade meno assurde, meno bloccate di quelle del CMI (Capitalismo Mondiale Integrato).

Il principio comune alle tre ecologie consiste, quindi, nel fatto che i territori esistenziali con cui ci inducono a confrontarci non si danno come un in sé, chiuso in sé stesso, ma come un sé precario, finito, finitizzato, singolare, singolarizzato, capace di biforcarsi in reiterazioni stratificate e mortifere oppure in un processo di apertura processuale a partire da prassi che permettano di renderlo “abitabile” da parte di un progetto umano.

È questa apertura prassica che costituisce l’essenza di questa arte “eco” che sussume tutte le maniere di domesticare i territori esistenziali, sia che riguardino modi intimi di essere, il corpo, l’ambiente o dei grandi insiemi contestuali relativi all’etnia, alla nazione o anche ai diritti generali dell’umanità.

Detto questo, precisiamo che per noi non si tratta di erigere delle regole universali a mo’ di guida di tale prassi, ma, all’opposto, di liberare le antinomie di principi tra i livelli ecosofici o, se si preferisce, tra le tre visioni ecologiche, le tre lenti di lettura discriminanti di cui qui si sta trattando.

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