di JOSÉ NEVES.

 

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Il Partito Socialista (PS) si trova attualmente alla guida del governo portoghese. Fin qui niente di nuovo, visto che durante gli ultimi decenni il centro-destra e il centro-sinistra si sono alternati nel ricoprire questo incarico. In questa occasione, però, i socialisti portoghesi hanno avuto bisogno del sostegno dei partiti alla loro sinistra, cioè il Bloco de Esquerda (BE) e il Partito Comunista Portoghese (PCP), per poter ottenere la fiducia del Parlamento. Cosa possiamo aspettarci da questa nuova realtà politica? Partendo da una panoramica del sistema politico-partitico del Portogallo fin dall’ingresso nell’allora Comunità Economica Europea (CEE), questo articolo esamina le difficoltà e le potenzialità di successo di un governo che ha fatto dell’austerità il suo nemico principale. Pessimismo dell’intelletto, ottimismo della volontà.

 

Dall’integrazione europea alla crisi attuale.

Tiago Brandão Rodrigues ha 38 anni e fino a pochi anni fa era aveva beneficiato dell’espansione del sistema di ricerca scientifica portoghese. Nei primi anni 2000 le borse di studio non erano rare quanto lo sono adesso e Tiago riuscì ad ottenere un finanziamento statale che gli permise di ottenere il suo dottorato di ricerca in biochimica presso l’Università di Coimbra. In seguito, e fino a poco tempo fa, si è spostato all’Università di Cambridge dove è diventato uno dei ricercatori più eminenti e attualmente ricopre l’incarico di Ministro dell’Istruzione. A metà del 2015 ha accettato l’invito a partecipare come capolista del PS nel collegio elettorale del nord del Portogallo. António Costa, leader del PS e attuale Primo Ministro, ha usato il caso di Rodrigues come “garanzia e promessa” del fatto che se i socialisti fossero riusciti a formare il governo avrebbero dato priorità agli investimenti nel campo scientifico.

“Ricerca”, “istruzione”, “conoscenza”, “tecnologia” e “innovazione” sono ormai da tempo parole chiave della narrazione socialista riguardo al futuro del Portogallo. Durante i 10 anni di governo del Partito Social Democratico (PSD), che coincidono con la fase iniziale di integrazione del Portogallo nella CEE (1986), la fiducia nello sviluppo economico del paese portò, ad esempio, ad una crescita delle infrastrutture stradali con la creazione di un’ampia rete autostradale, passando dai 160km del 1984, ai 687km del 1995. Il successivo governo del PS continuò questo sviluppo ambizioso, ma enfatizzò ampiamente il bisogno di costruire anche le cosiddette infrastrutture di innovazione e di conoscenza. Nelle elezioni legislative del 1995, che diedero il via ad un ciclo di governi socialisti durato fino al 2002, uno degli slogan della campagna del PS era “una passione per l’istruzione”. Mentre nel 2005, all’inizio di un nuovo periodo di governo da parte del PS, il motto dei socialisti era la promessa di uno “shock tecnologico”. Era questo il modo – ancora una volta in linea con le politiche europee quali la strategia di Lisbona del 2000 – con cui l’economia portoghese sarebbe potuta diventare competitiva mentre la strategia di bassi salari e di dequalificazione della forza lavoro veniva considerata incompatibile, soprattutto visto che le economie asiatiche si stavano affermando sul mercato globale.

Analizzare questo tipo di discorsi ci aiuta, parzialmente, a fare luce sull’elasticità ideologica del PS nel contesto della cultura politica del Portogallo. “Ricerca”, “istruzione”, “conoscenza”, “tecnologia” e “innovazione” sono parole chiave che ci permettono di aprire la cassaforte in cui è nascosto il segreto della modernizzazione economica del paese, nonostante spesso si ritenga siano i governi di destra a detenere tale segreto. Però, queste stesse parole aprono anche il baule delle memorie in cui sono racchiuse alcune delle tradizioni progressiste della sinistra. Tradizioni alimentate dagli elogi repubblicani della “scuola pubblica” o dai richiami di allarme di un nuovo trend antifascista che ha fatto propria la causa della “difesa della cultura”. In altre parole, negli ultimi 30 anni il PS e il PSD hanno alimentato e sono stati alimentati dalla convinzione che lo sviluppo rappresentasse il destino del Portogallo e che questo destino si sarebbe realizzato nel momento in cui il Portogallo fosse riuscito ad affermarsi definitivamente all’interno del palcoscenico europeo. Ciò che realmente li differenziava era il percorso da seguire per raggiungere tale sviluppo. L’idea di un Portogallo come una nazione costruita sul cemento, descrizione caricaturale delle politiche di sviluppo dei governi di destra al potere tra il 1985 e il 1995, venne messa in discussione dall’immaginario socialista di una nazione rinnovata grazie ai propri settori produttivi più qualificati, dando così visibilità alle promesse di un’economia post-industriale in cui la speranza di sviluppo risieda nell’integrazione della conoscenza scientifico-tecnologica nelle merci e nel loro processo produttivo.

Tuttavia, negli ultimi quattro anni, questa differenza tra il PS e il PSD non ricade più nella diversità dei percorsi verso lo sviluppo del paese e durante il periodo di governo da parte della Troika sembrava quasi che il senso di inevitabilità fosse stato invertito all’interno della destra portoghese. Il governo conservatore di destra in carica tra il 1985 e il 1995 celebrava l’inevitabilità del progresso nazionale, mentre il governo di estrema destra precedente aveva speso gran parte del proprio tempo sostenendo l’idea che gli standard di vita del Portogallo avrebbero avuto invece un declino inevitabile.

L’accordo parlamentare tra il PS, il PCP e il BE è stato creato con lo scopo di opporsi a questa concezione e il suo obiettivo principale è quello di ristabilire i livelli salariali e i benefici sociali in vigore prima dell’austerità. La domanda che molti portoghesi si pongono oggi è se un accordo di questo tipo sia fattibile o meno. A tal proposito, il nuovo governo ha affermato più e più volte che le misure anti-austerità che intende introdurre possono contribuire allo sviluppo economico del paese a tal punto da rendere economicamente sostenibile la reintroduzione dei livelli salariali e dei benefici sociali.  Qui possiamo vedere un caso scolastico di argomentazione keynesiana: la spesa pubblica nel sociale rappresenta una forma di investimento statale che favorisce l’economia tramite i consumi. La credibilità politica di questa argomentazione è molto forte visto che il nuovo governo sta riuscendo a dimostrare come la logica inversa, cioè l’austerità come soluzione per il debito, abbia fallito. Inoltre, qualora il governo guidato da António Costa riuscisse anche a riprendere parole d’ordine quali istruzione, ricerca e forza lavoro qualificata, potremmo vedere la promessa di un futuro miglioramento della competitività internazionale dell’economia portoghese diventare sempre più accettata dalla popolazione.

Allo stesso tempo, però, rimane ancora possibile che tale volontà si riveli insufficiente…

L’accordo è fattibile?

Messo sotto pressione dalla ferma opposizione del PCP e del BE alle politiche di austerità da una parte, e dalla destra che evidenzia insistentemente il fallimento del governo di Syriza come prova dell’inevitabilità dell’austerità, il PS si è presentato alle elezioni legislative dello scorso Ottobre con un programma che mirava ad attenuare l’austerità senza entrare in conflitto con le politiche decise dalle istituzioni europee. Questo programma era ritenuto contraddittorio e venne osteggiato sia dalla destra che dalla sinistra e forse spiega perché il risultato elettorale del PS è stato del 32%, molto al di sotto delle aspettative. Non solo la destra ha preso molti più voti nonostante i quattro anni di infinite politiche di austerità (36%), ma anche i partiti alla sinistra del PS hanno guadagnato voti: il BE ha ottenuto il 10.19% e il CDU, una coalizione guidata dal PCP, ha ottenuto l’8.25% dei voti.

Dopo le elezioni, con il PS che ha scelto di guidare un governo sostenuto da PCP e BE a discapito di un governo sostenuto dalla destra, ci si sarebbe potuti aspettare che queste contraddizioni lasciate in sospeso sarebbero state risolte. Eppure, nonostante l’inclusione delle proposte del PCP e del BE abbia accentuato notevolmente il tono anti-austerità del programma del nuovo governo, i socialisti portoghesi continuano ad affermare la loro posizione di conformità alle direttive europee con lo scopo di tranquillizzare il Presidente della Repubblica, di destra, e di tenere a bada le banche portoghesi e il cosiddetto mercato internazionale. A loro volta, il PCP e il BE si sono dimostrati tolleranti verso questo impegno, visto che il testo dell’accordo siglato con il PS non prendeva in considerazione nessuna posizione critica sull’integrazione del Portogallo all’interno dell’Eurozona.

Quindi, come evidenziato dalla destra ma anche da alcuni opinionisti di sinistra, come l’ex leader del BE Francisco Louçã, restano ancora molti dubbi sul fatto che esistano le condizioni per un  successo dell’attuale accordo parlamentare tra i partiti di sinistra rimanendo entro i limiti budgetari progressivamente imposti dalle istituzioni europee. Tutto questo senza nemmeno nominare la possibilità che il tasso di interesse portoghese possa salire di nuovo in seguito alle circostanze internazionali. Queste difficoltà esterne sono inasprite ulteriormente dal fatto che la capacità di mobilitazione politica del nuovo governo è limitata su vari livelli. A livello elettorale, dobbiamo prendere atto che il PS non ha preso la maggioranza dei voti alle elezioni e si tratta di un fatto rilevante per un paese in cui per anni il PSD e il PS hanno affrontato le elezioni parlamentari come se si stesse votando per eleggere il prossimo Primo Ministro del Portogallo. A livello di copertura mediatica, i socialisti portoghesi hanno perso l’influenza di cui disponevano e le agende politiche ed economiche sono ormai ampiamente dominate dalla destra, mentre sono quasi inesistenti i media alternativi. Ultimo ma non meno importante, dal punto di vista dei movimenti, le numerose manifestazioni anti-austerità che si sono svolte in Portogallo non sono sfociate in nuovi movimenti sociali e politici come il 15M o Barcelona en Comù.

È anche vero che oltre al sostegno del PCP, il nuovo governo potrebbe beneficiare anche della simpatia del principale sindacato portoghese, ovvero il CGTP, ed è suggestivo immaginare che l’accordo tra le sinistre trasformi stipendi e pensioni da un interesse principale ad una vera e propria clausola imprescindibile. Comunque, nonostante l’importanza dei sindacati in Portogallo non debba essere sottovalutata, è altrettanto vero che l’azione sindacale ha trovato delle difficoltà nel diventare una forza di aggregazione per quelle dinamiche che vanno oltre alla mera questione del lavoro e del settore pubblico. Ad esempio, l’unico partito parlamentare che porta avanti la questione del reddito di cittadinanza in Portogallo è il neocostituito PAN (Persone, Animali, Natura), che ha ottenuto l’1.39% alle ultime elezioni conquistando un seggio in Parlamento.

Che fare?

In questo scenario possiamo correre il rischio di affermare che il futuro del nuovo governo dipende da due fattori.

In prima battuta, dipende dalle trasformazioni delle politiche economiche europee e dalla volontà della sinistra portoghese di cercare una sintesi creativa tra la posizione acritica del PS nei confronti dell’Europa e le critiche anti-Euro mosse dal PCP e dal BE per cercare di rendere queste trasformazioni qualcosa in più di una remota possibilità. In alternativa, è sempre possibile rimanere fermi e sperare. Da una parte, sperare che dopo il “fallimento” della Grecia le aspettative possano concentrarsi su un eventuale nuovo governo di sinistra in Spagna e che la situazione dell’Europa cambi grazie agli sforzi degli altri governi nazionali. Dall’altra, sperare che il nuovo governo portoghese, in quanto facente parte della famiglia socialista europea, ottenga maggiori simpatie internazionali rispetto a quelle ottenute dal governo greco.

In seconda battuta, e per il bene del nuovo governo, potrebbe essere determinante l’aumento del livello di mobilitazione politica e dell’antagonismo sociale all’interno della società portoghese. È vero che questa potrebbe essere la scusa perfetta per il nuovo Presidente della Repubblica per sciogliere il Parlamento (si vota a gennaio e il candidato dell’estrema destra è tra i favoriti), ma potrebbe anche funzionare come base per il rafforzamento del governo appena eletto: un aumento dell’antagonismo sociale potrebbe fornire al nuovo governo l’occasione per fare dell’accordo parlamentare che lo sostiene il nuovo centro della politica portoghese. A sinistra, molti di noi sono cresciuti con l’abitudine a vedere la mobilitazione sociale come condizione necessaria per la costituzione di un governo che sia protagonista di cambiamenti politici reali. Potrà funzionare altrettanto una situazione a parti invertite?

 

 

*Traduzione a cura di DinamoPress.

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