Di CLARA MOGNO
2489, il sole comincia a morire. Apoplessia solare, la terra si ricopre di ghiaccio e i sopravvissuti trovano rifugio nel sottosuolo. Tarde immaginava nel suo racconto un mondo futuro illuminato da un sole morente. Un mondo in cui ogni virus era stato debellato, ogni microbo sconfitto, ma in cui la morte della stella che, con il suo calore, permette la vita qui sulla Terra, determinava una trasformazione apocalittica. Noi non stiamo vivendo un’apocalisse, né siamo apocalittici (e per fugare ogni dubbio non lo era nemmeno Tarde). Stiamo però vivendo qualcosa di nuovo e, forse, una situazione con la quale dobbiamo cominciare a pensare di dover fare i conti con un po’ di tempo. Stiamo vivendo un cambiamento radicale e globale, un momento storico significativo che apre spazi inediti di sperimentazione, un evento che segna e rende visibili le contraddizioni del neoliberismo e del mondo come l’abbiamo conosciuto negli ultimi trent’anni.
Nel mondo immaginato da Tarde il telegrafo avrebbe smesso di trasmettere le informazioni – dalle capitali più nessuna notizia ma immensi spostamenti verso il Sahara, unico luogo non toccato dai ghiacci e dal gelo. Di informazioni qui siamo sommersi, quando ci prende un po’ di ansia le controlliamo continuamente. Nascono gruppi su Facebook per segnalare chi esce, spero – ma parlo dalla mia bolla informazionale – minorità, dettata dalla paura del contagio, e contraltare minimo rispetto a forme di solidarietà inedite attraverso la rete. Le finestre si aprono sul mondo e sulle case dei nostri amici e conoscenti: con un link siamo in Brasile, con un altro in una visita in un museo, con un altro ancora beviamo un bicchiere con gli amici che non abbracciamo da giorni. Sembra darsi un nuovo regime di visibilità e di contatto attraverso il digitale: spazi di confronto, di mutualismo, di condivisione di momenti e di parole, anche di umorismo “virale”. Siamo lontani dal volerci isolare per paura dell’altro: il desiderio di relazione si sta esprimendo in forme nuove, segnate dalla cura reciproca e dallo starsi vicini anche se dietro ad uno schermo. E se ci capita di uscire può succedere che ci si saluti un po’ di più – gli scambi tra i vicini di balcone sembrano indicare questo.
Mai come ora aver accesso a un cellulare, a un pc e a una rete internet è fondamentale, e si realizza il privilegio che si ha nell’averne a disposizione. Lo vediamo, per esempio, nella teledidattica e nelle difficoltà degli studenti che non hanno un dispositivo personale per poter accedere alla formazione, e lo vediamo per esempio in chi non ha dimestichezza con il digitale. Un insieme di rivendicazioni, queste – l’accesso alla rete, ai dispositivi e al saperli usare – che forse dovranno far parte della prossima agenda politica militante. I social e le piattaforme di comunicazione stanno giocando un ruolo fondamentale nel modo in cui continuiamo a praticare la socialità e probabilmente la stanno anche trasformando: sentiamo più spesso delle persone che nel quotidiano vediamo solo di sfuggita, stringiamo nuove amicizie virtuali, apriamo finestre su orizzonti che non avevamo ancora esplorato. E anche le lotte stanno prendendo spazio nel virtuale in questi giorni di quarantena, ad esempio sulla questione del reddito. Nei Frammenti di una storia futura venivano salvate le biblioteche, unico legame con la società del passato lasciata congelata in superficie. In questi giorni gli archivi si aprono e mai abbiamo avuto così tanto accesso alla cultura: Jstor apre l’accesso alle migliaia di riviste scientifiche a pagamento, internet archive mette a disposizione giochi e film, le case editrici regalano eBook ed epub. I copyright sembrano cadere anche davanti alla richiesta di valvole per i respiratori, prontamente replicate con le stampanti 3d nel bresciano – in questi giorni si mette in discussione la proprietà intellettuale e la di mette a disposizione del comune.
Si fanno visibili poi le contraddizioni del neoliberismo, con le fabbriche ancora aperte e le limitazioni per i corridori solitari. Con i riders del food delivery e i lavoratori della logistica che continuano le consegne da una parte e l’imperativo dello stare a casa dall’altra. L’opinione pubblica riscopre il valore essenziale di un sistema sanitario gratuito, della ricerca, dell’Università e della scuola. Emerge quanto il lavoro di cura sia pesante e quanto poco siano tutelati e retribuiti determinati lavori essenziali in questi giorni, come quello degli infermieri o dei cassieri dei supermercati, i più esposti al contagio. Tutto questo è in discussione anche e soprattutto sulle piattaforme, in particolare su Facebook. Un accumulo di dati che deve essere impressionante e un’estrazione di valore che forse non si immagina nemmeno, come anche per Skype, Google (soprattutto per Hangouts) e Zoom. E sarà importante insistere nei prossimi mesi su una ridistribuzione di questo valore che, estratto dalla cooperazione e dal comune, arricchisce le società che detengono la proprietà delle piattaforme. E nel frattempo, per chi lavora da remoto o nel mondo della ricerca, proviamo a ricordarci di non farci inghiottire dal lavoro e dall’ansia della produttività. Ogni tanto ricordiamoci di premere «off».