Di FRANCESCO FESTA.
«Se capiscono che non siamo disposti ad andare fino in fondo, abbiamo perso tutto. Al primo cambio appalto ci fanno fuori». Pochi secondi, verso le 7,30: «Vai, cazzo, vai!». Il capo delle spedizioni sbatte la mano sulla porta, l’autista ingrana la marcia. Abdallah viene travolto ai cancelli della Gamma Service, grosso impianto di movimentazione merci in cui confluiscono le attività di cinque cooperative. È il senso del realismo capitalista in un drammatico passaggio de L’Alfasuin di Giovanni Iozzoli (Sensibili alle Foglie, pp. 128, euro 13). Un romanzo che s’iscrive in quella letteratura di lotte narrate in cui le inchieste «a caldo» fuori ai cancelli s’incarnano in parole-pietre lanciate contro la brutalità del capitale. Iozzoli ripercorre, in una verosimile filiera di appalti emiliani, il funzionamento delle cooperative: il ricatto salariale del sistema degli appalti; la violenza per disciplinare l’organizzazione di produzione e distribuzione in molteplici livelli, ciò che Marx chiama il «comando supremo» nella cooperazione; lo strumento del cambio di appalto usato per licenziare chi rivendica diritti e degne condizioni di lavoro.
LE COOPERATIVE sono il nuovo padrone, poiché rispetto alle aziende sono agili nell’essere aperte e chiuse, a seconda delle esigenze. Organizzandosi, poi, lungo la linea del colore, sfruttando forza-lavoro migrante, si adattano meglio alle crisi strutturali del capitalismo. Da una parte, le piattaforme della logistica; dall’altra, la composizione tecnica del lavoro vivo: un sistema quasi oliato e pacificato, se non fosse per le lotte vieppiù coscienti contro il duplice ricatto: la precarietà e le leggi sull’immigrazione. Le cooperative e il sistema di appalti consentono più facilmente di sottoscrivere contratti di lavoro utili al permesso di soggiorno, a salari precari e con minori obblighi del datore di lavoro.
L’Alfasuin ci porta nel ventre della bestia. Dove il padrone tenta di dividere, minacciare e zittire, la lotta unisce e potenzia. Con una prosa tagliente, l’autore illumina la lotta dei facchini dell’ultimo decennio, dove in controluce appare Abdelsalam el Danaf, operaio egiziano travolto nel 2016 da un tir mentre picchettava l’ingresso della Gls di Montale (Piacenza). Un romanzo che è dunque un epitaffio a un operaio morto mentre lottava con i suoi compagni contro lo sfruttamento e gli accordi disattesi da parte dell’azienda.
D’ALTRONDE se la logistica è «forma di potere» come segnalano Brett Neilson e Sandro Mezzadra, la lotta di classe al suo interno non può che essere lotta per il politico. Con l’operaismo sappiamo che è nella lotta che si dà la soggettivazione. È qui che la forza-lavoro diviene classe: riconosce nel comune la potenza della «classe per sé» e si mobilita in difesa del proprio salario e per la stabilità occupazionale. La scrittura di Iozzoli è incisiva nel narrare il tempo presente della logistica: il tempo della rivolta, quando i dannati della terra decidono di alzare la testa, di riconoscersi come forza politica e sindacale, e di riprendersi ciò che spetta loro.
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 27 aprile 2019.