di MARCO BASCETTA.
Lützerath, il nome di questo piccolo borgo agricolo del Nordrhein-Westfalen resterà a lungo nella memoria politica della Bundesrepublik. Non solo per lo scontro, non proprio pacifico, che oppone in questi giorni le attiviste e gli attivisti che lo occupano e intendono difenderlo a oltranza a un imponente schieramento di polizia incaricato di sgomberarlo ad ogni costo per consentire, previa demolizione, l’allargamento della già sterminata miniera di carbone di proprietà del colosso energetico Rwe.
Non è facile da spiegare come e perché in un paese dove i Verdi sono al governo federale in una posizione di massimo rilievo e in un Land dove a loro volta governano, ma qui con la democristiana Cdu, appoggino sgombero poliziesco e incremento di uno sfruttamento minerario tra i più nefasti per il mutamento climatico. Ormai da tempo campioni di un “realismo politico” che si confonde con una vocazione governativa che sembra prevalere su ogni altro ordine di considerazioni, i Grünen rivendicano il merito di aver ottenuto in cambio del buco di Lützerath una uscita anticipata dall’impiego energetico del carbone.
Un ottimo compromesso, sostengono i vertici del partito. Fatto sta che, al di là dagli impegni per il futuro, sempre aleatori e pronti ad essere sospesi di fronte a questo o quel fattore di crisi, il segnale politico immediato va in senso diametralmente opposto a qualsiasi percorso di contrasto al cambiamento climatico e alla devastazione del territorio, per non parlare della sensibilità ambientalista. Scelta tanto più incomprensibile di fronte al pronunciamento di diversi centri di ricerca sull’assoluta inutilità dell’ampliamento minerario nella regione renana per il fabbisogno energetico del Paese.
L’invasione russa dell’Ucraina ha dato una buona mano ai signori dei combustibili fossili e del nucleare cosicché non è escluso che, a guerra finita, possa trarne il suo tornaconto, rimettendo in gioco i suoi immensi giacimenti. Sullo sfondo del conflitto i Verdi tedeschi si erano del resto già convertiti al massiccio riarmo della Germania e al suo stratosferico costo, simbolico e finanziario.
Partito moderato, centrista, restio ad assecondare qualunque insorgenza di conflittualità sociale, più che prudente nei rapporti con i grandi interessi economici, era inevitabile che i Grünen finissero con l’entrare in rotta di collisione con i movimenti ambientalisti e pacifisti, per non parlare dell’esecrata Last Generation, nonché (come già era successo alla Spd negli anni Sessanta con la secessione dell’Sds) con la propria organizzazione giovanile schierata dalla parte degli occupanti di Lützerath. Luogo che simboleggia ormai un enorme paradosso e che deve essere cancellato soprattutto per ristabilire un ordine politico di priorità che ricacci la crisi climatica su uno sfondo così cosmicamente oscuro e inarrivabile da poter essere all’occasione rimossa.
Ad ogni buon conto lo sgombero di Lützerath non è cosa agevole di ore o di giorni. Gli occupanti, asserragliati in capanne costruite sugli alberi, sui tetti e nelle mansarde si sono organizzati in modo da restare il più a lungo possibile sotto gli occhi di una opinione pubblica che poco simpatizza per il gigante del carbone. Col passare del tempo è probabile che lo scontro tenda a inasprirsi e così le tensioni tra partiti, istituzioni e movimenti a crescere con tutti i loro risvolti repressivi.
Le avvisaglie non mancano e da settimane c’è chi farnetica della nascita di una presunta «Raf verde». Dal 1991 un gruppo di intellettuali e linguisti dell’Università Philipps di Marburg sceglie, tra migliaia di proposte spontanee, l’Unwort dell’anno, ossia la «malaparola» o «parola indegna», malignamente priva di senso, come potremmo approssimativamente tradurre. Per il 2022 è stata scelta Klimaterroristen, termine sovente affibbiato alle attiviste e agli attivisti di Last Generation e che assomma una completa insensatezza (chi e come verrebbe terrorizzato?) a un evidente intento di «criminalizzare proteste non violente, disobbedienza civile e resistenza democratica», questa la motivazione della giuria, praticate dai movimenti che si battono contro un modello di sviluppo ormai generalmente ritenuto insostenibile. Si tratta in ogni modo del tentativo goffo di contrappore la nobiltà, comunque un po’utopista dei fini ambientalisti, all’illegalità e alla violenza (immaginaria) dei mezzi impiegati per pubblicizzarli. Con scarsa capacità, tuttavia, di conquistare l’opinione pubblica. La demolizione di Lützerath si sta rivelando un grosso passo falso, un colpo definitivo alla già screditata «diversità» dei Verdi, (con probabili ripercussioni sulle imminenti elezioni berlinesi) e un cedimento ai profitti di Rwe più che un sostegno necessario ai bisogni energetici del paese.
questo articolo è stato pubblicato sul manifesto del 15 gennaio 2023