di GIUSEPPE ALLEGRI, GIUSEPPE BRONZINI.
Pubblichiamo l’introduzione al libro curato da Giuseppe Allegri e Giuseppe Bronzini → Il tempo delle costituzioni. Dall’Italia all’Europa (manifestolibri, 2014).
Siamo dinanzi a un trentennio di trasformazioni istituzionali, tanto in Italia, quanto nel Continente europeo. Nell’autunno 1983 della nostra storia repubblicana si riunisce la Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, presieduta dall’Onorevole liberale Aldo Bozzi: è la “Commissione Bozzi”. La prima di una lunga serie, che arriva fino al “Comitato parlamentare per le riforme costituzionali”, istituito dal Governo presieduto da Enrico Letta, nell’estate del 2013. Proprio a trent’anni dal primo, fallimentare tentativo.
Sempre un trentennio fa, il 14 febbraio 1984, Altiero Spinelli pronuncia il celebre discorso alla seduta plenaria del Parlamento europeo, che approva il Progetto di Trattato che istituisce l’Unione europea, noto come “Progetto Spinelli”, di fatto ignorato dal Consiglio europeo di Fontainebleau del giugno successivo.
A più di una generazione da quegli eventi le nostre istituzioni repubblicane, come quelle europee, si trovano ancora in una condizione di mutamento, sospese su un’ennesima transizione istituzionale. Per giunta dentro un contesto economico attraversato dai rischi di una Grande Recessione che segue l’avvio della crisi finanziaria inaugurata oramai sei anni fa dalla bolla dei mutui sub-prime negli Stati Uniti d’America. Con l’aggravante delle rigorose politiche di austerity adottate nel Continente europeo, che causano impoverimento tra le cittadinanze impaurite da sempre maggiore insicurezza sociale e economica. Tutti aspetti che generano sfiducia nei confronti delle istituzioni europee, ma anche diffidenza nell’incapacità delle politiche nazionali di prevedere strumenti adeguati al livello di sofferenza sociale ed economica raggiunta.
Perciò si approfitta di questi anniversari per tornare a riflettere sul rapporto tra crisi istituzionali ed economiche, con la consapevolezza che le une e le altre spesso risultano strettamente correlate. Perché le tensioni tra le rivendicazioni di una reale “democrazia costituzionale” e gli istinti predatori del capitalismo finanziario producono spesso dei vuoti giuridici, dove le élites riescono a conservare spazi di comando nella gestione quotidiana dei rapporti di potere. Chi ha maggiore forza politica, economica ed istituzionale, continua a conservarla e potenziarla, anche nelle fasi in cui la crisi sembra mettere in scacco tutti i soggetti classici delle forme di governo e di governance ereditate dagli ordinamenti statali, continentali e globali in trasformazione.
Del resto molte di queste tematiche attraversavano anche una pubblicazione di metà anni Novanta che, sempre per questo editore, si domandava: “Costituzione, e poi?” (Aa. Vv. manifestolibri, 1996). È un quesito tuttora aperto, sia a livello statuale che continentale, e le riflessioni che seguono vogliono riannodare il filo anche con le mancate trasformazioni statuali ed europee dell’ultimo ventennio.
Per tutto questo il libro che presentiamo indaga la riapertura della “questione costituzionale” in Italia, dinanzi alle radicali trasformazioni del tessuto sociale e produttivo realizzato dal liberalismo all’italiana del “ventennio berlusconiano”. Al tempo stesso si mette a fuoco la dimensione istituzionale propriamente europea, sconvolta dal crescente rilievo del “diritto europeo dell’emergenza” che, con il Fiscal Compact e gli altri Trattati internazionali varati per cercare di fronteggiare la crisi dell’Eurozona, ha profondamente mutato il tradizionale “quadro comunitario” (che si era cercato di rafforzare con il Trattato di Lisbona entrato in vigore nel dicembre 2009) entro il quale operavano le politiche dell’Unione. Questo è anche un conflitto strisciante tra accordi di diritto internazionale sottoscritti dagli Stati sovrani e le istituzioni dell’Unione europea e dell’Unione Economica e Monetaria.
Il tentativo dei diversi autori e autrici chiamati a raccolta in questo volume è quello di affrontare le crisi istituzionali ed economiche rivendicando degli spazi politici, sociali ed istituzionali dove affermare inedite pratiche democratiche, nuovi diritti e politiche sociali che rispondano a criteri di giustizia ed equità, lottando contro il progressivo concentramento della ricchezza sociale ed economica nelle sempre più ristrette cerchie delle élites globali.
In questo senso il quadro europeo fa da sfondo all’intera riflessione, a partire dall’intervento di Christian Joerges e Stefano Giubboni, che partono dalla sociologia economica di Karl Polanyi per definire un’innovativa proposta sul futuro dell’Unione europea. Dentro questo orizzonte continentale si situano due proposte costituenti: portare a termine una vera e propria rivoluzione federale europea (Pier Virgilio Dastoli), ovvero rivendicare l’urgenza di un’assemblea costituente europea, attribuendo al prossimo Parlamento europeo la funzione costituente per adottare una Costituzione che possa dare nuova legittimazione al processo di integrazione continentale (Luigi Ferrajoli). E sempre della riapertura di una fase costituente continentale parla Stefano Rodotà, che ammonisce come Unione europea e Italia abbiano il «medesimo problema di ricomposizione dell’ordine costituzionale come condizione della sopravvivenza della stessa democrazia». Ecco che lo spazio continentale può diventare la dimensione adeguata dove sperimentare delle coalizioni sociali che rilancino il protagonismo dei movimenti, per creare nuove istituzioni del comune, oltre e contro l’incantamento neo-liberista globale (Antonio Negri). Del resto il nodo del rapporto tra movimenti sociali e immaginazione costituente attraversa molti altri interventi. Dalle nuove pratiche costituenti del comune che si situano al di là della funzione mediatrice delle Costituzioni novecentesche (Adalgiso Amendola) e sperimentano una nuova cittadinanza sociale (Maria Rosaria Marella), al conflittuale rapporto tra Costituzione e movimenti sociali nella storia repubblicana (Giuseppe Allegri), fino a una riflessione teorica e pratica sulla fantasia giuridica del costituente, nel conflitto tra soggettività e Costituzione (Gabriella Bonacchi e Chiara Giorgi). È questo un modo per ragionare sulle possibilità di movimenti costituenti in grado di porsi all’altezza dell’innovazione costituzionale dall’alto, di quelle riforme costituzionali che si vogliono imporre in fretta e furia (snaturando gli stessi principi di rigidità costituzionale), con la giustificazione della «crisi economica», come ricostruisce Gaetano Azzariti il tentativo di revisione del testo del 1947, avviato dal Governo Letta nell’estate 2013. Con la consapevolezza che la vera “rivoluzione dall’alto” avviene al livello continentale, per dirla con i classici interventi di Étienne Balibar che qui pubblichiamo, poiché hanno aperto un dibattito fecondo non solo in Europa. Dibattito con il quale si confronta Giacomo Marramao, a partire dalla lettura che Balibar propone dell’esplosione dell’Europa politica, con la consapevolezza che solo legando reti di città nel vecchio Continente si può evitare il pericolo dell’Europa delle nazioni. E per respingere l’incubo nazionalista è proprio al livello continentale che bisogna lanciare la sfida costituente e costituzionale, dando una risposta innovativa all’irrisolto quesito di “quale Costituzione per quale Europa?”, come prova a fare Giuseppe Bronzini ricostruendo in modo inedito l’annoso dibattito sulle trasformazioni istituzionali europee.
Consapevoli dell’importanza del contesto continentale si pubblicano in Appendice due risoluzioni del Parlamento europeo (del novembre e dicembre 2013), per dare pubblicità a testi solitamente poco divulgati che affrontano il tema dell’innovazione istituzionale con maggiore coraggio e sensibilità per le questioni sociali rispetto alle altre istituzioni statali ed europee. Perché la prima molla del cambiamento è anche quella di conoscere e far conoscere i documenti e le possibilità di trasformazione istituzionale solitamente occultati. Con la convinzione che il rapporto tra diritto/i, istituzioni, innovazioni costituenti e produzione sociale è ancora aperto alla trasformazione collettiva, in Italia come in Europa. E il dialogo e confronto che questo libro, nel suo piccolo, vuole sperimentare tra ricercatori, giuristi, filosofi e le innovazioni delle pratiche sociali può favorire questa trasformazione, nel senso di maggiore giustizia sociale, equità economica, sperimentazione democratica. Prima che sia troppo tardi.
Sugli stessi argomenti, vedi anche → “Perché l’Unione è una scelta antagonista”, di Marco Bascetta