3 maggio 2018, luogo da definire (Roma)

“Le donne non vogliono essere più rappresentate come vittime e vogliono attraversare e determinare lo spazio pubblico e politico in piena autonomia” (Non Una Di Meno)

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Negli scorsi mesi i movimenti femministi in tutto il mondo si sono riuniti attorno a un’unica lotta: combattere la violenza sulle donne (siano esse cis- o trans-). Si è denunciato come il sistema patriarcale impedisce la libera autodeterminazione di ognuna di noi. Ci si è riunite e si è state marea, si sono messe insieme intelligenze e corpi, ci si è richiamate le une con le altre verso l’azione. Si è definita violenza qualsiasi cosa che impedisca di vivere in piena libertà le nostre vite: non solo la violenza fisica, ma quella strutturale del patriarcato, resa più pervasiva dall’austerità neoliberista, dal precariato, dalla proliferazione dei confini.

Ci inseriamo in questo discorso come studiose dell’urbano e femministe. Sappiamo che il luogo nel quale le nostre vite si dipanano ne detta fortemente le condizioni. Sentiamo il desiderio di condividere con altre il nostro pensiero in proposito.

A partire da questa urgenza sentiamo la necessità di ragionare sulla violenza strutturale che viene dall’ambiente urbano. La figurazione delle donne come possibili oggetti di violenza, le retoriche securitarie, il discorso su decoro e degrado, le dinamiche di frammentazione e privatizzazione producono espulsione dallo spazio pubblico e chiusura nel privato domestico. La mancanza di luoghi di incontro ci impedisce l’organizzazione politica e crea isolamento. I luoghi di autorganizzazione che creiamo vengono resi precari e sono sempre sotto minaccia. La mancanza di servizi di prossimità di qualità ci impedisce di vivere le vite multidimensionali a cui aspiriamo, di fatto costringendoci a essere solo madri, solo lavoratrici, solo attiviste, ecc. Le politiche della conciliazione, se da una parte facilitano lo svolgimento delle incombenze quotidiane, dall’altra non lasciano spazio di dibattito rispetto alla questioni relative a produzione e riproduzione.

L’ambiente urbano si rivela dunque un ulteriore dispositivo di violenza strutturale. Ma la città non è, fortunatamente, un oggetto dato e concluso: è invece il prodotto delle pratiche e degli usi di chi la vive ogni giorno, di chi la modella con i propri desideri, di chi la reinventa con la propria creatività e di chi la forgia percorrendola. Così la città diventa dispositivo di riappropriazione, legittimazione e liberazione.

Altrettanto, la città è terreno di contesa, luogo in cui si concretizzano le politiche istituzionali ed è terreno di scontro tra diverse visioni del mondo. Dobbiamo dunque esercitare un cambio anche su politiche, piani, narrazioni.

Vogliamo avviare una riflessione collettiva, che parta da una lettura critica delle politiche urbane generatrici di violenza strutturale e guardi alle pratiche di autodeterminazione delle donne, elaborando nuovi immaginari condivisi. Auspichiamo la messa in comune di esperienze e alla discussione partecipata e condivisa circa nuove possibili modalità di approccio ed esperienza dello spazio urbano. Chiediamo riflessioni, studi, progetti, pratiche già in essere per poterne discutere assieme.

Invitiamo dunque a proporre contributi in ogni forma (saggi, testi collettivi, video, performance, contributi visivi o sonori, ecc.) che diano uno sguardo femminista sulla città e che propongano un ribaltamento della violenza e dell’uso che ne fanno le istituzioni. I contributi possono avere la forma di riflessioni teoriche, singole o comuni, percorsi di ricerca, o il racconto di pratiche, contributi artistici e narrazioni alternative.

I contributi confluiranno in una giornata di studio. Successivamente, verranno selezionati e raccolti nell’ “Atelier Città” del sito Iaph Italia, sezione italiana dell’Associazione Internazionale delle donne filosofe (www.iaphitalia.org).

Alcune delle possibili piste di ricerca possono essere:

  • Norme: A partire dai pacchetti sicurezza, dal decreto Minniti-Orlando e il DASPO urbano, dalle retoriche del decoro e della sicurezza, vediamo come il corpo delle donne sia usato strumentalmente. Per giustificare politiche di controllo dello spazio urbano e di repressione dei comportamenti e delle persone che vengono giudicate portatrici di rischio e diversità, perseguendo un modello di città neoliberista in cui povertà e fragilità non siano visibili.
  • Corpi tra comportamenti e gesti: Gli spazi (e il modo in cui vengono regolamentati) esprimono più o meno implicitamente un’azione normativa sui corpi, sulle sessualità, sui comportamenti. Gli stessi spazi possono però essere gli scenari a partire dai quali trasgredire e deviare dalla normatività imposta, performando comportamenti, azioni e pratiche che contribuiscono alla produzione di una città altra.
  • Pratiche e esperienze: La significazione politica di uno spazio passa spesso attraverso una pratica collettiva: riappropriazione di spazi, passeggiate, pratiche artistiche che mettono in gioco i corpi nel loro rapporto con lo spazio. Si tratta di azioni di dissenso creativo, che producono nuovi immaginari per lo spazio pubblico.
  • Rappresentazioni: Lo spazio viene costruito anche attraverso le sue rappresentazioni, e le rappresentazioni costruiscono – o perpetuano- un determinato tipo di immagine della donna. L’uso del corpo delle donne nella rappresentazioni mediatiche sulla città (negli articoli sulla violenza e sugli stupri in strada, le strade non sicure, donne sole in strada, etc.) presenta la necessità di un’analisi dei contenuti, delle immagini e della loro manipolazione in senso securitario. All’inverso, quali sono le esperienze artistiche e non che propongono un ribaltamento di tali rappresentazioni? Quali sono i nuovi immaginari che ne nascono?
  • Specie di Spazi: Ripartendo dal tentativo di costruire la città in funzione della società a cui aspiriamo, progettiste, planners e policy makers hanno la possibilità di esplicitare il nesso con la riflessione femminista e agire per contrastare ed eliminare la violenza strutturale dell’ambiente costruito. Come lo spazio urbano asseconda la violenza di genere? Quali strumenti e proposte sono stati adottati per contrastarla o potrebbero essere adottati in tal senso? Come si progetta uno spazio che veda accessibilità e convivenza come elementi di sicurezza e benessere? Quali sono le caratteristiche da ricercare in uno spazio-progetto-piano-politica per costruire una città libera dalla violenza?

Modalità di partecipazione

È possibile inviare la propria proposta tramite un abstract di 250-500 parole. Le proposte, assieme a una breve biografia (massimo 50 parole) dovranno essere inviate all’indirizzo lalibertaeunapasseggiata@gmail.com entro il  28 febbraio 2018.

La partecipazione alla giornata  non prevede iscrizione a pagamento. L’incontro sarà libero, aperto e, ci auguriamo, partecipato. Il materiale selezionato sarà raccolto e pubblicato con la collaborazione dell’Atelier “Città” di Iaph Italia.

La sera prima della conferenza è prevista una passeggiata collettiva. A tal fine saranno valutate anche proposte di contributi performativi, artistici o di qualsiasi altra natura che si potrebbero integrare lungo il percorso.

Comitato organizzativo

Chiara Belingardi

Federica Castelli

Serena Olcuire

“Le strade libere le fanno le donne che le attraversano”

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