di GIUSEPPE ACCONCIA.
La Corte Suprema del Cairo deciderà nei prossimi mesi se è giunto il momento di mettere fuori legge i sindacati indipendenti in Egitto. Proprio la Federazione sindacale egiziana, la filo-governativa Etuf, aveva sollevato il caso sottolineando che la legge sui sindacati riconosce soltanto le unioni sindacali governative. E così, secondo loro, la Federazione egiziana dei sindacati indipendenti (Efitu) è «illegale» e «illegittima», innesca proteste dei lavoratori e rappresenta una «minaccia alla sicurezza nazionale», non solo, riceve finanziamenti illegali dall’estero in dollari e in euro. Da parte loro, in occasione della recente conferenza di Ginevra dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), i sindacalisti di Efitu hanno accusato Etuf di non aver rieletto dal 2011 la sua leadership, direttamente nominata dal ministro del Lavoro e dal presidente Abdel Fattah al-Sisi.
La Federazione egiziana dei sindacati indipendenti (Efitu)
La Federazione egiziana dei sindacati indipendenti (Efitu) [in arabo Al-Ittihad al-Masri li-l-Naqabat al-Mustaqila] è stata tra le più organizzate e strutturate forze di opposizione a mobilitarsi durante i 18 giorni di occupazione di piazza Tahrir e nei mesi seguenti. Tuttavia, i sindacati inclusi in Efitu sono frammentati, mancano di una leadership indipendente e sono stati facilmente usati come uno strumento di cooptazione di figure politiche del vecchio regime da parte di nuovi arrivati (Fratelli musulmani) o sono stati manipolati dalla giunta militare e infine rappresentati come a favore del golpe militare del 2013.
Questo è vero anche se guardiamo ai movimenti sindacali dal basso e descriviamo le micro-dinamiche delle rivolte del 2011 in aree periferiche. Questo articolo è il frutto di interviste a operai e contadini, che preferiscono l’anonimato, che abbiamo realizzato in lunghi periodi di soggiorno nella città industriale del Delta del Nilo di Mahalla al-Kubra tra il 2012 e il 2015.
Lo scopo è stato di capire i livelli di partecipazione politica di questi lavoratori, analizzando le loro scelte politiche durante le varie tornate elettorali e soprattutto nella stesura delle due Costituzioni, le ragioni che hanno innescato la loro mobilitazione e hanno prodotto la loro de-mobilitazione, i tentativi di istituzionalizzazione dei sindacati indipendenti locali.
Liberalizzazioni e lotte sindacali
Le mobilitazioni operaie sono andate avanti di pari passo con le liberalizzazioni degli anni ’70, ’80, ’90 e 2000. In particolare dopo gli scioperi del 2006 a Mahalla al-Kubra, il comitato degli operai lanciò una campagna per sfiduciare i leader sindacali di Etuf. Tre mila operai si dimisero dai sindacati tessili di Etuf, mentre i rappresentanti del regime si recarono a Mahalla per negoziare con il comitato informale dei lavoratori le richieste di bonus che venivano dagli operai. Era in corso il tentativo degli operai egiziani di organizzasi al di fuori di Etuf. Come spiegano bene gli studiosi Anne Alexander e Mustafa Bassiouny nel loro libro “Pane, libertà e giustizia sociale”, gli scioperi di Mahalla divennero un «modello di organizzazione democratica».
Nel 2008, il comitato informale degli operai di Mahalla propose uno sciopero nazionale per il 6 Aprile (dando il nome al movimento 6 Aprile) per chiedere un aumento del salario minimo. Le preoccupazioni dei lavoratori che si mobilitarono in quella occasione erano di andare oltre i posti di lavoro e includere nelle preteste le richieste che riguardassero un più generale cambiamento dell’ordine politico. La richiesta era di formare un sindacato indipendente dei lavoratori tessili locali. Il primo ministro dell’epoca, Ahmed Nazif, andò a Mahalla per discutere con i rappresentanti dei lavoratori. Le loro richieste per trasporti migliori, sussidi alimentari e medici vennero accettate.
Tuttavia, solo i rappresentati dei collettori di tasse ottennero la legalizzazione del Sindacato generale dei collettori di tasse (Retau). Entro dicembre 2008, con una decisione senza precedenti, circa trenta mila su cinquanta mila collettori di tasse lasciarono Etuf e si unirono al loro sindacato autonomo, Retau.
Efitu, le rivolte del 2011 e processi elettorali
Dopo la deposizione dell’ex presidente Mubarak, nel febbraio 2011, si svolsero 489 scioperi in Egitto. Efitu pubblicò le “Richieste dei lavoratori nella rivoluzione” che includevano la richiesta del diritto di formare sindacati non-governativi, il diritto di scioperare e la dissoluzione della corrotta e pro-regime Etuf.
I lavoratori che abbiamo intervistato hanno confermato la loro partecipazione sin dal 25 gennaio 2011 alle proteste di piazza. Molti di loro erano già stati coinvolti in precedenti mobilitazioni e scioperi anti-regime. Gli operai sindacalizzati coinvolti chiedevano migliori condizioni lavorative e nuovi investimenti nel settore tessile. «Siamo tra le migliaia di rivoluzionari che si riunivano in piazza Shon a Mahalla al-Kubra», ha spiegato uno di loro.
In seguito alle rivolte, la giunta militare nominò, Ahmed el-Borai, professore di diritto del lavoro all’Università del Cairo, come ministro del Lavoro ad interim. El-Borai legalizzò Efitu mentre le mobilitazioni dei lavoratori continuarono nonostante la stigmatizzazione degli scioperi da parte della giunta militare. Nel giugno 2011, una legge contro gli scioperi e le manifestazioni venne approvata.
Secondo la legge sulle libertà sindacali, cinquanta lavoratori possono formare un sindacato senza nessuna supervisione governativa. Kamal Abu Eita, ex presidente di Retau, venne eletto come primo presidente di Efitu. Parallelamente, nell’aprile 2013, una seconda federazione sindacale indipendente venne fondata: il Consiglio democratico egiziano del lavoro (Edlc). «Il risultato più importante delle rivolte del 2011 è stato una migliore difesa dei diritti dei lavoratori», ha proseguito uno degli operai intervistati.
Tuttavia, secondo gli operai e i contadini coinvolti, il parlamento post-rivoluzionario nel 2012 non rappresentava i diritti dei lavoratori. I seggi disponibili sulla carta per gli operai vennero controllati completamente da Etuf. Inizialmente, sembrò saggio per questi lavoratori prendere parte alle elezioni parlamentari del 2011-2012. Tuttavia, i Fratelli musulmani a Mahalla al-Kubra fallirono completamente nel tentativo di mobilitare la loro base sociale. Così ottennero qui appena quattro dei dieci seggi disponibili.
Dopo l’elezione alla presidenza della Repubblica del leader dei Fratelli musulmani nel giugno 2012, gli operai intervistati, con alcune eccezioni, hanno considerato il sindacalista Hamdin Sabbahi come l’unico candidato valido per la presidenza. Tuttavia, il neo-eletto presidente dei Fratelli musulmani, Mohamed Morsi, proclamò un decreto che permetteva ai membri dei movimenti islamisti di prendere parte al consiglio di amministrazione di Etuf. Durante la presidenza Morsi, politici del Partito nazionale democratico (Pnd) vennero cooptati all’interno dei sindacati governativi confermando lo sforzo della Fratellanza di voler condividere il controllo di Etuf con gli uomini del vecchio regime di Mubarak.
In occasione del referendum costituzionale del 2012, gli operai e i contadini di Mahalla al-Kubra erano già molto critici rispetto alla politica economica dei Fratelli musulmani. Il “no” alla nuova costituzione vinse qui con il 52%. «La Costituzione del 2012 era contro i diritti dei lavoratori», hanno proseguito.
Nel 2012, 1.969 scioperi ebbero luogo in Egitto e 1.972 nei primi sei mesi del 2013. I Fratelli musulmani avvertirono che scioperi e disobbedienza civile avrebbero potuto portare al collasso dello stato. Le mobilitazioni operaie erano parte dell’opposizione alle politiche di liberalizzazione di Morsi e dovute alla mancanza di diritti per i lavoratori nella Costituzione del 2012. Questo spinse Ctuws, Efitu, Ecesr, altri think tank e sindacati indipendenti a prendere parte alla campagna Tamarrod (rivolta) che chiedeva le dimissioni di Morsi.
Con il golpe militare del 2013, le proteste dei lavoratori sono andate diminuendo e Kamal Abu Eita ha accettato l’incarico di ministro del Lavoro ad interim, lasciando via libera ai progetti di capitalismo di stato di al-Sisi che ha lo scopo di cooptare gli attivisti di sinistra nell’arena politica formale senza riconoscere in alcun modo le richieste dei lavoratori. Nel 2014, gli scioperi sono continuati a Mahalla al-Kubra costringendo il primo ministro Hazem Beblawi alle dimissioni. E così, dopo il colpo di stato militare del 2013, sebbene Efitu abbia continuato ad esprimere preoccupazione per i diritti dei lavoratori, è stato diffusamente infiltrato e manipolato dall’apparato di sicurezza.
La nozione di «classe»
Per superare i limiti interpretativi delle rivolte che hanno attraversato l’Egitto dal 2011 in poi è quindi utile utilizzare il «concetto di classe». Come abbiamo visto, è davvero impressionante il numero di scioperi e mobilitazioni dei lavoratori che hanno avuto luogo nel paese tra il 2011 e il 2016.
E così, molti studiosi hanno considerato le mobilitazioni dal basso dei lavoratori sia a livello urbano sia periferico come l’effetto più importante dei movimenti sociali che hanno attraversato il paese negli ultimi anni, radicate nella lotta contro il regime di Mubarak e prima ragione di preoccupazione per la giunta militare e la presidenza al-Sisi.
La stessa cosa è successa con la legalizzazione della Federazione egiziana dei sindacati indipendenti (Efitu). Da una parte, avrebbe potuto affrontare le richieste di più diffusi diritti per i lavoratori con un approccio più indipendente rispetto alle politiche governative. D’altra parte, Efitu è stata usata sia per controllare le mobilitazioni dei lavoratori da parte delle agenzie di sicurezza statali sia per manipolare e dividere gli operai e la loro leadership, cooptandoli in parte nei governi post-golpe.
Facendo questo, il regime militare egiziano ha incluso alcuni degli oppositori di sinistra, escludendo e smobilitando la classe operaia. Questa tecnica non ha ottenuto un successo completo. Se la Fratellanza musulmana e il suo apparato civile sono stati facilmente demotivati con condanne a morte, ergastoli e il congelato degli asset finanziari, scioperi e proteste dei lavoratori sono ancora in corso in Egitto. Inoltre, se i movimenti islamisti sono stati messi fuori legge, lo stesso non è ancora successo con Efitu.
Tuttavia, i sindacati indipendenti stanno continuando a lavorare solo sotto la stretta sorveglianza e il controllo del governo. Questo di certo impedisce l’indipendenza di questi sindacati trasformando le loro attività e permettendo una differenza quasi irrilevante rispetto ad altre organizzazioni governative.
Gli operai e i contadini di Mahalla al-Kubra intervistati hanno confermato la loro partecipazione alle proteste del 2011. Tuttavia, con la vittoria elettorale dei Fratelli musulmani e il golpe militare del 2013, è stato evidente come il movimento operaio non abbia ottenuto benefici dalle rivolte. In un primo momento, queste richieste sono state trasferite in un’opposizione motivata alle politiche neo-conservatrici dei Fratelli musulmani. In seguito, Efitu, soprattutto a livello nazionale, è stata duramente indebolita dal colpo di stato del 2013 ed è ora sotto lo stretto controllo del regime, a dispetto della rinnovata mobilitazione del dicembre 2015.