di SIMON LE BON.
Quanto a me, l’unica difficoltà è nelle scelta del mestiere. Non m’ero mai accorto di quanti mestieri esistono per quelli che non sanno far niente (marchese Eduardo Parascandolo)
Parlare di Lou Reed non è facile, non come per Syd Vicious (che novello Manzoni sciacquava le siringhe in cesso), non come per Marc Bolan (morto su una mini come un mr. Bean qualunque) non come per Nico (morta nel 1967, quella che vedemmo dopo era soltanto l’ennesimo travestimento di Tanassi per fare dimenticare a suon di farfisa lo scandalo Loockeed)…
Il nostro (più nostro di quello che si possa pensare, come di seguito si cercherà di dimostrare) ha attraversato tutto il rock and roll.
Dicono che i suoi esordi risalgano al 1964 (il 5 settembre di quell’anno schizzava in vetta alle classifiche USA The house of the rising sun, e non è un caso che Lou cominci a scrivere quando i casini da operaio professionale andassero ancora per la maggiore, soltanto Lama non si accorse neppure dieci anni dopo dal cambio di paradigma, e non è ancora finita…
Di divo che tanta celebrità conobbe, può dirsi che più ne donò di quanta ne trasse: rese memorabile un disegno del pannocchione ossigenato, si accompagnò (con palese perdita di senso quantomeno estetico) al duca bianco poco prima che questi ci facesse rabbrividire fingendo negritudine in Young Americans e subito dopo averci fatto cagare addosso come ragno da marte (parafrasando Pucci dei Trilli, chi lo salvava erano gli slade che erano più “tarlucchi” di lui).
Dicono abbia generato un modo grezzo e diretto di fare musica [(ma nel ’66 era la prassi, perlomeno se non vaneggiavi con fiori in testa o avevi i genitori benestanti e radical). In fondo il garage era tale perché sporco di grasso e non perché ci si suonava o vi si inchiavardava l’auto; ecco perché non piaceva ai mods]. Non è vero, Lou impoveriva, scarnificava; nei momenti migliori la chitarra smarriva il senso di accompagnamento (dal Duo di Piadena a Paul Kantner) o di svisa acritica [e ipocrita (e l’unica cosa che sul punto differenzia Eric Clapton da Jimmy Page è Lori del Santo, che poi anche Johnny Rotten è andato sull’isola dei famosi e prima di Luxuria)] per aprirsi alla dissoluzione del verbo che in tanti tapinelli da John Lennon a Stockhausen – l’unico nell’universo a dare alla figlia il nome di un parco naturale abruzzese – predicavano; ma che minchia di costellazioni, mind games, nutopia, sirius: eroina, dissidenza (anche da se stesso), vita al di sopra delle possibilità, amici famosi per entrare nelle discoteche importanti, chiodo e lustrini…
Ma allora perché parlarne? e soprattutto dove l’urgenza? il senso della perdita, il rimorso di non averlo salutato?
Lou Reed nel 1975 ha “fatto” (ma che hai fatto? mi so’ fatto, per dirla con Williams, quello delle pere , evocando i Giancattivi) Metal Machine Music (sottotitolo: An Electronic Instrumental Composition).
Dopo Sally cant’ dance che dicono fosse commerciale [ma dopo avere sentito la sbrodolata melensa e falsamente hard (ma i critici che così dissero si rendevano conto di chi era Steve Marriott? Anche l’attacco di Applausi dei Camaleonti suona più pesante) di Sweet Jane su Rock’n’Roll Animal si poteva porre un limite al peggio?] Lou rispose così: non lo so e penso che non interessasse a chicchessia.
Quello che conta è che un bel giorno uscì questo disco (doppio), e tutti giù a dire cazzate.
Prendo da Wikipedia alcune espressioni: «Si tratta di un disco prettamente rumoristico, fatto di ininterrotti feedback chitarristici … Radicale deviazione dal resto della produzione discografica di Reed (e questa è la prima mistificazione, tutta l’opera di Reed è intrisa di volontà eversiva della chitarra, solo che qui il rifiuto si radicalizza e procede verso l’estinzione del mezzo, cosciente dell’inutilità della mera riappropriazione dello stesso) … È uno dei primi esempi di “puro rumorismo” nella storia del rock (il rumorismo non esiste, il frastuono delle fabbriche arriva quando le fabbriche chiudono, e poi ricordate le oche di Cpt. Beefheart) … Un ritorno alle sperimentazioni sonore, attualizzate, compiute da Reed con i Velvet Underground negli anni Sessanta (ma dove? ma quando? una Sunday Morning qualunque, forse) … Affermò di avere inventato il genere heavy metal (e l’impepata di cozze) e asserì che Metal Machine Music era anche la fine del suddetto genere musicale (la spiegazione del fatto che l’heavy non esiste, magari). Dopo non ci sarebbe potuto essere più nulla … L’album è interamente costituito da distorsioni e rumori chitarristici suonati a differenti velocità e senza la benché minima concessione melodica o alla forma canzone classica … Una cacofonia sonora che va avanti per più di un’ora senza ritmo, melodia o qualsiasi struttura formale, con solamente pochi secondi di pausa tra una parte e l’altra. Le chitarre sono accordate in maniera inusuale e suonate su diversi livelli di riverbero fino a renderle irriconoscibili. Quindi appoggiate contro gli amplificatori e “letteralmente” lasciate suonare da sole. Reed registrò l’album su un registratore a quattro piste nel suo appartamento di New York, mixando le quattro tracce in stereo. Nella sua forma originaria, ogni traccia occupava una intera facciata d’album e durava esattamente 16 minuti e 1 secondo…». Et de hoc satis.
Mica vero.
Metal Machine Music è musica pura, limpida, evocativa, come gli operai di Eisenstein, sono i cannoni dell’incrociatore Aurora che parlano, ma con le magliette a strisce, la barba incolta, il disgusto per D’Alema che commenta il Parco Lambro. È voce di chi sa tutto perché tutto è e se ne fotte delle distinzioni classico/leggero, hard/CSN&Y, pubblico/privato… cancelli solo cancelli. Muore l’orecchio come prima con Robert Wyatt e se c’erano (e ci sono) dei Renzi che ancora cercano il terzo orecchio (guarda la fine che ha fatto Branduardi a dare retta a certa gente), casi loro.
Se la chitarra di Woody Guthrie uccideva i fascisti, Reed manda nel gulag i mandanti, soffrigge l’ottava, annega Einstein lontano dalle placide beach di Glass (per non dire di Battiato), porta la fabbrica in città e la città l’assorbe e con la fabbrica tutti gli operai e annerisce gli abitanti (consumatori/cittadini).
Facciamo ora un gioco. Nel 1975 dicevamo:
Strilli e sibili del tutto inumani venduti a un pubblico che, per dirla all’acqua di rose, non era preparato a una cosa del genere. Perché gli esseri umani senzienti non trovano semplicemente impossibile restare in una stanza dove si ascolta quel disco. Con alcune eccezioni isolate: gli sfigati, i pazienti psichiatrici, i patiti di film horror, i masochisti, i sadici, chi si fa di anfetamine, i fanatici dell’odio, gli sciroccati inebetiti dalla droga, altra gente con un sistema nervoso talmente deformato che gli sembra perfettamente accettabile…
…Avevamo visto l’operaio massa (prima concretizzazione massificata dell’astrazione capitalistica del lavoro) produrre la crisi. Ora vediamo la ristrutturazione che, lungi dal superare la crisi, ne distende e allunga l’ombra su tutta la società; non esteriormente ma dentro, fin nella profondità della composizione di classe, laddove essa tenta di difendere il comando capitalistico dall’azione dell’operaio massa e di distruggere la composizione di questo e insieme, in generale. di mistificare socialmente origine e funzione del lavoro vivo…
…Ma non saltiamo nemmeno un solco dobbiamo sentirlo tutto…
…La cassa integrazione insegna all’operaio l’identità del suo interesse con il disoccupato; il decentramento mostra all’operaio della grande fabbrica l’identità del suo interesse immediato e di quello dell’operaio della piccola fabbrica; la terziarizzazione produttiva mostra all’operatore del terziario che la sua condizione è direttamente proletarizzata…
…La roba intelligente e complessa è qui in mezzo alla classica, mentre il rock di merda va messo qui dove stanno gli idioti… ma vaffanculo se vuoi farlo uscire fallo uscire per l’etichetta normale, con tutta l’altra roba. Basta che poi ci attacchi sopra un’avvertenza…
…Il compito è naturalmente difficile… è come dire, per altro verso, che il gioco si svolge tutto tra tentativo di distruggere la classe operaia data, la sua composizione tecnica e politica e il progetto di organizzare gli effetti della distruzione…
E ora lo scenario è chiaro. Immaginatevi quel boriosetto viscido che entra a passo di marcia negli uffici di uno dei gruppi di controllo mediatici più grandi del mondo con i nastri della sua machine music in mano, non solo è sicuro ma assolutamente presuntuoso del fatto che quello sia il più grande (doveva esserlo dato che era il più intollerabile) capolavoro della storia della musica… i dirigenti dal primo all’ultimo hanno fatto scaricabarile: “certo qualsiasi cosa basta che lo porti fuori dal mio ufficio”, bene, e poi fuori per strada da dove è venuto…
…Ha parlato di tendenziale configurasi di un nuovo soggetto, di nuova qualità dei bisogni, di emergenza di nuove lotte, e di volontà operaia di autogestione della lotta – allora dagli al metafisico di una nuova epifania dell’essere, dagli al venditore di ammennicoli nel giovedì grasso della classe operaia…
Il mio ring è la strada. (Rocky, 1990)
…Veloce velocissimo. E su ogni lato c’è un crescendo armonico e ormai non me ne frega più un cazzo se la gente ci crede o no. Abbiamo dovuto fare il master con molta attenzione perché se avessimo sbagliato sarebbe tutto andato in malora, perché sarebbe venuto fuori distorto. Invece usa la distorsione, ma non è distorto…
…Contro il valore di scambio appare l’opposto, il lavoro come creatività, come liberazione, contro il sistema dei bisogni si definisce su questa polarità liberata, la possibilità di un sistema di lotte…
Bravo lo hai messo giù! Ora perché non ci provi con me? (Rocky, 1990).
…Mi ha fatto venire la curiosità di vedere come il disco avrebbe retto il confronto con La Monte, Xenakis e via dicendo. E credo che abbia retto benissimo, anzi a dire la verità è molto meglio…
…Marx infatti procede dalla definizione di una composizione proletaria, determinatasi al livello della maturità capitalistica, tale che in essa sia completamente sviluppata una individualità umana collettiva capace di comunismo; alla determinazione delle precondizioni materiali (sviluppo delle condizioni materiali, del macchinismo, della forza invenzione nella tendenziale insignificanza delle legge del valore) di siffatta umana individualità collettiva…
…Sia Bach che Beethoven hanno scritto brani che non dovevano essere suonati dalle persone…
…Ora è da dire che la provocazione capitalistica che deriva dal livello internazionale va accettata…
…Ho osservato che Lou in effetti sembrava riscrivere se stesso in continuazione e invece per Metal Machine Music era esattamente l’opposto…
…Una sequenza di comportamenti che denunciavano il carattere il carattere astratto e dispotico del comando capitalistico gestito dallo stato, che ne indicavano la strutturale estraneità ai bisogni materiali e politici dele masse…
…Se la gente non capisce quanto è divertente ascoltare Metal Machine Music, fateli andare in giro a fumare la loro marijuana del cazzo, che poi è solo acido di pessima qualità, e ci siamo già passati tutti e ce lo siamo lasciati alle spalle . Non faccio dischi per quei figli dei fiori del cazzo…
…Davvero questi fratellini o fratellastri del ’68 non hanno capito niente. La loro critica antiengelsiana è tanto fuorviante da farli confondere ogni assunzione del nuovo e della soggettività di classe con l’idealismo…
Morale I: Ogni volta che fa qualcosa che gli piace davvero o a cui tiene, fa fiasco; ogni volta che si libera di qualche tinozza di decadenza da hard discount quei pesciolini se la bevono. E non si troverà mai un punto di incontro.
Morale II: Nuova base sociale, nuova forza produttiva, nuova organizzazione rivoluzionaria, dittatura proletaria, estinzione dello stato costituiscono una sequenza che solo in quest’ordine possiamo assumere come progettualmente fondamentale.
Innanzitutto, il lavoro fa male. Tanto è vero che quando un medico visita un ammalato, come prima cosa gli dice: “Riposo assoluto”… Hai mai sentito dire: “Lavoro assoluto?”. E poi il lavoro è un perditempo, e il tempo non bisogna perderlo in cose inutili, ragazzi, ricordatelo. Bisogna utilizzarlo… C’è gente che perde tutta la giornata a lavorare.
Buon viaggio Lou