di COLLETTIVO EURONOMADE.
La domenica in cui i cristiani celebrano la Pasqua, un aereo è atterrato all’aeroporto di Sana’a, in Yemen. Ne è scesa la delegazione saudita per partecipare ai negoziati di pace. La guerra civile cominciata nel 2014 ha devastato il Paese, determinando un numero imprecisato di morti (377.000 lo scorso anno, secondo le stime dell’ONU). Per quel che conta, informava lo scorso anno Avvenire, “ogni nove minuti muore un bambino”. Insomma, una guerra vera, di quelle che dilaniano vite, straziano corpi, radono al suolo edifici e quartieri, sfollano popolazioni. Come sempre in questi casi, la situazione è complessa, ma semplificando si può dire che a scontrarsi in questi anni in Yemen sono stati l’Iran, che sostiene gli Houthi, e l’Arabia Saudita, che è intervenuta militarmente a fianco del governo.
Ecco. Questa guerra può finire. Salvo errori, non abbiamo trovato menzione di questa notizia nei siti dei principali giornali italiani nel giorno di Pasqua. Un telegiornale ha aperto con le dichiarazioni del Presidente Macron che, evidentemente forte della popolarità in patria, ha spiegato che non è ancora il momento per i negoziati sull’Ucraina. Ma ci si sta lavorando, e – si intende – al momento opportuno ci penserà lui. In Yemen, intanto, ci hanno pensato in molti (i colloqui di pace sono mediati dall’Oman). Ma come notano un po’ tutti gli osservatori della regione, i cui commenti si possono leggere e ascoltare su Al Jazeera, ci ha pensato soprattutto la Cina, che ha negoziato lo storico accordo tra Arabia Saudita e Iran che costituisce la base dei colloqui di pace – della possibilità concreta che una delle guerre più cruente dei nostri giorni abbia fine.
Insomma, si sente dire poi che quello di “doppio standard” è un concetto ideologico se non sospetto. Come spiegare allora questo disinteresse per una guerra che può finire, per milioni di persone che potranno forse liberarsi dal terrore delle bombe e dalla miseria di una vita da sfollati? È difficile pensare che non c’entri il fatto che si tratta di arabi, di musulmani, che perfino i bambini abbiano la pelle un po’ più scura di quella di altri bambini. Il punto è che questa questione del “doppio standard”, considerata al più con sufficienza in Europa e in Occidente, è sempre più decisiva nel determinare l’atteggiamento delle opinioni pubbliche globali. E questo in un mondo in cui un accordo come quello tra Arabia Saudita e Iran mediato dalla Cina – che ha posto le condizioni per l’avvio del negoziato di pace a Sanaa – registra e al tempo stesso contribuisce a determinare uno spostamento profondo di potere, in una regione che è sempre stata strategica per gli Stati Uniti. Questi ultimi hanno lautamente finanziato l’intervento saudita in Yemen, attualmente non pare che i loro interessi figurino tra le principali preoccupazioni dei negoziatori dell’ineffabile Bin Salman.
Sono spostamenti di potere di questo genere che dovrebbero essere in primo piano anche nell’analisi della guerra ucraina. Invece, almeno, per il momento dobbiamo accontentarci del macabro sorriso di Macron.