di ALBERTO MANCONI.
Nel passato fine settimana si è svolta a Madrid l’iniziativa dal titolo “Un Plan B para Europa”.
Il primo dato da sottolineare mi sembra l’enorme partecipazione che questo evento ha attirato. I posti disponibili, prenotati gratuitamente online, sono infatti terminati nel primo giorno utile, cioè a più di una settimana dall’evento; creando così non pochi problemi organizzativi per permettere a tutti gli interessati di seguirlo.
È a mio avviso necessario considerare questi importanti numeri nel contesto spagnolo, quello cioè di una forte politicizzazione sviluppata negli ultimi anni. In questo senso, l’intera tre giorni mi è parsa più interessante come tentativo di affrontare il nodo europeo dalla prospettiva costituente spagnola, piuttosto che come incontro già propriamente europeo.
Nonostante la presenza in piccole delegazioni di importanti reti di movimento europee, infatti, si sono in alcuni momenti prodotti meccanismi di auto-rappresentazione dei partiti della sinistra europea, che hanno intasato la discussione con posizioni demagogiche, spesso a tinte sovraniste e nostalgiche. È insomma a tratti emersa un’impostazione settaria e politicista che co-abita lo spazio della sinistra europea, ben lontana a mio parere dalla complessa maturazione pratica del dibattito sul potere in Spagna, dei suoi limiti e dei suoi livelli, anche a fronte dello stallo nella trattativa post-elettorale.
Sono stati forse questi elementi a determinare, nei momenti di assemblea plenaria, un ruolo tutto sommato parziale dello stesso, tanto atteso, Yanis Varoufakis. Il carattere trasversale, movimentista e non identitario che assume secondo l’ex ministro greco la rivendicazione di una “democratizzazione” dal basso dell’Europa1 in questa fase politica, non sembrava sempre assunto quando alcuni rappresentanti di partito si sgomitavano per apparire e collocarsi secondo le classiche coordinate di più o meno estremismo a sinistra.
Per questi motivi mi è parso decisamente più interessante l’ampio confronto costruito nella giornata dei laboratori del Sabato, che ha coinvolto, oltre a vari attori europei, tutti i settori “critici” dentro Podemos, moltissime anime del movimento spagnolo, le esperienze municipali e vari esponenti del pensiero critico in un ampio ventaglio di temi di portata europea.
La dimensione europea, dentro la crisi già ampiamente in atto dell’architettura dell’UE, si dimostra come un livello di lotta necessario anche dalla prospettiva di un contesto costituente come quello spagnolo, che ha visto negli anni consolidarsi contro-poteri, sia sociali attraverso le realtà come la PAH, sia istituzionali nelle esperienze municipali; mentre assiste ad un – attuale – blocco della situazione sul piano nazionale, e quindi dell’ipotesi di Podemos basata essenzialmente su questo piano di azione.
Si è dunque affrontato, nei tantissimi workshop tematici, le discussioni con un imprescindibile sguardo europeo per molte delle sfide costituenti che da tempo trovano vitalità in Spagna; dal piano della giustizia economico-finanziaria a quella ambientale, dalle sfide ai confini ed alla fortezza Europa, alle diseguaglianze razziali e di genere che strutturano in mercato del lavoro europeo.
Sebbene sia parso, come detto, più interessante come incontro spagnolo volto alla discussione sull’Europa che come evento già europeo, non significa che il “Plan B” sia stato, o sarà necessariamente, meno importante di altri. Si tratta infatti di un primo passo, ancora da dimostrare sia dentro che fuori da Podemos, verso una dimensione europea del conflitto e del dibattito pubblico spagnolo. Ciò è tanto più importante considerando la campagna elettorale permanente che ha occupato il dibattito pubblico negli ultimi due anni; e dallo sguardo necessariamente chiuso nel recinto nazionale, conseguenza questa, oltre che della strategia politica della dirigenza centrale di Podemos, della resa in Luglio di Tsipras nella trattativa con l’eurogruppo e del riaffiorare in autunno della questione catalana.
Importante dunque la nuova apertura europea e potenzialmente movimentista che una parte di Podemos, la minoranza “Anticapitalistas” che ha organizzato l’incontro “Un Plan B para Europa”, ha permesso. Questa apertura, si compirà però credo solo a due condizioni.
In primo luogo, le strategie politiche che agiscono sulle differenti scale europea e nazionale, seppure con un diverso ruolo del partito – del Politico –, dovranno trovare una qualche forma cooperativa e non competitiva per funzionare a dovere e rafforzarsi mutuamente. Ha pesato in questo senso la mancanza, durante tutto l’incontro, dei vertici di Podemos. Ma è dunque forse solo dalla prospettiva municipalista volta all’autogoverno, laddove sono più forti tanto i movimenti quanto i contro-poteri istituzionali, che si impone l’esigenza di attaccare necessariamente e senza formalismi sia la crisi, anche istituzionale, europea, che la bloccata dimensione statale.
In secondo luogo si dovrà verificare se, nel breve periodo, quanto ha gravitato attorno alla costruzione di questo Plan B sarà in grado di sintonizzarsi con quanto succede nel resto dell’Europa, a partire dall’analogo, ma non troppo, Diem aperto proprio da Varoufakis a Berlino a inizio febbraio. Compito difficile e importante per un contesto che, nonostante la forte vivacità politica dal 15M in poi, non è stato decisivo negli ambiti di azione europea come quelli organizzati da Blockupy. Compito necessario d’altra parte e che potrebbe, chissà, cominciare a darsi forma proprio a partire dalla data di mobilitazione europea del 23 Maggio contro l’austerity, lanciata dagli organizzatori del Plan B, sempre se questa riuscirà in qualche modo a porsi oltre la sinistra nostalgia dell’anniversario della Comune di Parigi.