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Punti introduttivi alla prima giornata della Scuola di EuroNomade

 

 

La rete EuroNomade ha, fin dalle sue origini, insistito sulla necessità di assumere lo spazio europeo come decisivo per ripensare le pratiche dei movimenti sociali e della sinistra, nonché per scrivere insieme un programma di trasformazione radicale capace di sfidare in maniera efficace il capitalismo contemporaneo. La nostra discussione a Napoli ha di conseguenza tra I suoi obiettivi quello di fare il punto sull’attuale stato di cose per quanto riguarda la questione europea.

Il primo giorno del nostro incontro (venerdì 7 ottobre) sarà interamente dedicato a questo argomento. Abbiamo in programma di dividere la giornata in due momenti separati. Il primo sarà un workshop con la partecipazione di compagne e compagni provenienti da Grecia, Austria, Germania e Spagna. Il secondo sarà una tavola rotonda tra il collettivo EuroNomade e Xavi Ferrer di Barcelona en Comú.

Lo sfondo della nostra discussione sarà la situazione attuale e le “crisi multiple” che attraversano l’Unione Europea, ad oltre un anno dall’ “accordo” con il governo greco del 13 luglio 2015, a tre mesi dal referendum nel Regno Unito sulla Brexit e mentre la crisi del regime dei confini, avviata dall’”estate delle migrazioni” nel 2015, è ben lungi dall’essere superata. Le élite e le tecnocrazie europee non sembrano avere un piano per affrontare e risolvere queste crisi multiple, che minacciano la stessa continuità del processo di integrazione europea. Ciò è particolarmente evidente qualora si consideri il livello delle politiche economiche e sociali, dove la continua insistenzasull’austerity è, in un certo senso, tale da neutralizzare anche gli effetti della politica monetaria espansiva della Banca Centrale Europea. Ma anche rivolgendo lo sguardo alla “gestione emergenziale” della crisi del regime dei confini, è altrettanto chiaro che nessun “grande disegno” è all’orizzonte, con implicazioni catastrofiche non solo per centinaia di migliaia di migranti e rifugiati, ma anche per la stessa politica internazionale dell’Unione Europea, in particolare per la sua posizione sulla guerra in Siria (a causa dell’ “accordo” stipulato con la Turchia).

È in questa situazione che le politiche europee alimentano la crescita di vecchie e nuove forze di destra in tutto il continente. Siamo convinti che la domanda di “sovranità nazionale”, che costituisce il filo conduttore del discorso politico delle destre nell’attuale congiuntura europea, sia in gran parte retorica. Mentre gli sviluppi nel Regno Unito dopo il referendum dimostrano come anche una vittoria della destra nazionalista in singoli Paesi implicherebbe semplicemente una nuova negoziazione della ruolo e della collocazione di questi stessi Paesi all’interno di uno spazio globale, che è densamente strutturatodall’azione regolativa di diversi attori sovranazionali, tra i quali quelli europei. Quello che vediamo emergere dalla crescente influenza politica della destra nazionalista (e che già si riflette nelle mutevoli posizioni di partiti e governi, di centro-destra e centro-sinistra, in diversi Paesi europei) sono piuttosto nuove ricombinazioni di nazionalismo e neoliberismo, con un ulteriore irrigidimento delle gerarchie sociali e un’ulteriore restrizione degli spazi di libertà, le cui conseguenzesono particolarmente (ma non solo) patite da migranti e “stranieri”.

Di fronte a questa situazione siamo convinti che non vi sia spazio per una uscita dalla crisi da sinistra sul piano nazionale in Europa. Le variegate posizioni che, all’interno della sinistra europea, supportano una strategia “Lexit”, non sembrano tenere conto di due aspetti fondamentali in questa fase. In primo luogo, il livello nazionale è retoricamente e politicamente occupato dalla destra. In secondo luogo, e soprattutto, non vi è alcuna possibilità di utilizzare,in questa parte del mondo,lo Stato nazione come leva efficace per produrre una vera rottura con la continuità del paradigma neoliberista e le politiche di austerity, aprendo lo spazio per l’attuazione di un programma radicale trasformazione sotto il segno della libertà e dell’uguaglianza. Questo non vuol dire che il livello nazionale debba essere “abbandonato”. Significa piuttosto che deve essere politicamente re-inventato all’interno di un progetto che punti, da un lato, a occupare e trasformare le istituzioni europee (inventandonedi nuove se necessario) e, dall’altro, a sperimentare nuove forme di costruzione e di esercizio di contro-potere – come nel caso delle “città ribelli” (che sarà il tema della seconda giornata del nostro incontro a Napoli, sabato 8 ottobre, e rispetto al quale la tavola rotonda con Barcelona en Comú funzionerà da “ponte”). Quanto sta accadendo all’interno dei confini dello Stato spagnolo conferma, da questo punto di vista, uno spazio cruciale di sperimentazione politica.

Oltre a discutere questa diagnosi politica della congiuntura europea, intendiamo anche approfondire la comprensione di che cosa significhi organizzare un’azione politica a livello europeo. Il workshop a Napoli può essere un’importante occasione di dibattito su una esperienza come quella di Blockupy, che è risultata trainante negli ultimi tre anni e a cui molti di noi prendono parte. Quali sono stati i risultati e i limiti di questa esperienza? Quel è, più in generale, il potenziale per la costruzione di reti all’interno dello spazio europeo? Quali sono leprospettive immediate per Blockupy? Quali campagne, quali iniziative è urgentemente necessario portare avantioggi in Europa? E che tipo di rapporto è utile e possibile immaginare tra la messa in rete dei movimenti sociali a livello europeo e diverse altre iniziative come, ad esempio,DiEM25 o la mobilitazione in vista per il G.20 di Amburgo nel luglio 2017?

A Napoli vogliamo provare, insieme, a rispondere a queste domande.

Allo stesso tempo, vogliamo anche discutere la dimensione europea di una politica sovversiva e radicalmente trasformativa, dal punto di vista di movimenti ed esperienze specifiche che non si esprimono direttamente sul livello europeo. Per fare solo due esempi importanti: in primo luogo, c’è una dimensione europea direttamente implicata nelle esperienze di importanti “città ribelli” come Barcellona e Napoli? Di quali strumenti, di quale linguaggio politico, di quali forme di azione abbiamo bisogno al fine di moltiplicare la “valenza europea” e di diffonderne l’esperienza in tutto il continente, per costruire relazioni con le altre città e per affrontare – in una relazione antagonistica – le stesse istituzioni europee?

E in secondo luogo: che dire di un potente movimento sociale come quello della scorsa primavera contro al Loi Travail in Francia? Anche se questo movimento è rimasta confinata entro i confini di un singolo Stato nazionale, si è chiaramente trattato della lotta contro una “riforma” del mercato del lavoro, la cui “razionalità” è strutturalmente legata alla continuità del neoliberismo e delle politiche di austerity a livello europeo. Ci sono modi per sviluppare la necessaria dimensione europea a partire dal movimento sociale in Francia, che vadano al di là della costruzione (peraltro assolutamente necessaria) di relazioni e comunicazione politica a livello di base, che ha tra l’altro portato alla convocazione del meeting per il “Transnational Social Strike”  dal 21 al 23 ottobre prossimi?

È affrontando tali questioni che ci auguriamo il nostro incontro a Napoli possa essere un produttivo momento di discussione sulle prospettive e le azioni politiche dei movimenti sociali e della sinistra in Europa nel prossimo anno. È del resto inutile dire che siamo fin d’ora sicuri che la discussione produrrà nuovi e ulteriori interrogativi e che, su tutti questi, non vediamo l’ora di ascoltare e confrontarci.

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