di ERNESTO VOCCOLI.

Sono passati alcuni giorni da venerdì 29 Luglio, il giorno in cui Matteo Renzi si è ripresentato nella città di Taranto. Due anni dall’ultima apparizione, a poche ore dalla firma dell’ultimo dei dieci decreti “Salva Ilva”, che ormai dal 2012, l’anno del provvedimento di sequestro degli impianti ordinati dalla magistratura, si susseguono in maniera tanto autoritaria quanto inefficace sulla pelle di cittadini e operai.

La gestione governativa è un colabrodo: 6 morti in 48 mesi, dopo anni di commissariamento tutelato da immunità penale si svende nuovamente a privati (come nel 1995 da Italsider ai Riva) lo stabilimento siderurgico senza averlo mai espropriato, avendone garantito in questi anni la sola continuità produttiva grazie ai soldi prestati dalle banche, producendo a ritmi ridotti e con 50 milioni di euro di perdite mensili, senza aver avviato il piano di bonifica e riconversione di fabbrica e città, continuando a ledere la salute degli abitanti, con il perenne rinvio della piena attuazione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, che anche qualora applicata in ogni sua prescrizione, comporterebbe per ARPA Puglia una esposizione a rischio sanitario inaccettabile per 12 mila persone.
Socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti in nome di presunti “interessi strategici nazionali”, un classico all’italiana condito dal ricatto occupazionale di un territorio che tra disoccupati e inoccupati arriva al 60 % della popolazione.

Riuscire a mettere nero su bianco le emozioni che si sono susseguite a cavallo dell’inaugurazione del secondo piano del Museo MarTà non è però cosa facile: per quasi 12 ore da mattina a sera, centinaia di persone si sono susseguite senza pause e con determinazione tra contestazioni, blocchi stradali e un corteo pomeridiano aperto da uno striscione con su scritto “11° Decreto: Decide la Città! Taranto sfiducia Renzi”.
Un risultato affatto scontato per una giornata caldissima e un appuntamento costruito in pochissimi giorni, a cui ha dato un contributo importante una delle tante assemblee di strada che da ormai dieci settimane stanno animando i luoghi pubblici e le piazze del territorio, frutto di un’autoconvocazione cittadina contro l’emergenza democratica in cui Taranto rischia di sprofondare, “per scendere in strada a riprendersi la città”.
Metodo partecipato, facilitatori, incontri tematici, piattaforma digitale, un nome deciso con sondaggio (“Tuttamialacittà”) da circa 200 partecipanti e l’obiettivo ambizioso di scriversi da soli un Piano B per fabbrica e città, che sia tanto ecologico quanto sociale.

tuttamiaQuello di Renzi si presentava provocatoriamente come un appuntamento privato in un luogo di tutti, una passerella davvero inaccettabile rispetto agli scempi governativi vecchi e nuovi (vedi Tempa Rossa o l’esautorazione fatta da Invitalia rispetto al futuro del territorio) con i quali Taranto rischia di sprofondare nel vuoto democratico della piena emergenza sanitaria, ambientale ed economica.
La distanza tra città e fabbrica si fa ogni giorno sempre più incolmabile, un abisso nel quale confindustria e sindacati condividono da tempo le stesse posizioni: la difesa dello status quo che gli cade sotto i piedi.
Un momento nel quale lo spaesamento degli operai sembra niente a confronto della fuga incontrollata, la precarietà e i ricatti di una intera generazione che qui non studia e non lavora.
L’ubriacatura coloniale e sviluppista con la quale credevano di poter fermare le lancette della storia presenta ogni giorno sempre più il conto, mentre lo Stato qui è sotto processo per aver leso la vita e la salute di tutti, in accordo con criminalità e lobby di ogni tipo.
C’è da reinventare tutto a queste latitudini, un nuovo modo dello stare insieme, nuove istituzioni democratiche e un Sud da riscattare. Non sarà l’Europa dell’austerity a farlo.
Servono le migliori intelligenze, serve connettere le lotte, serve alimentare le tante buone pratiche quotidiane, serve agire definitivamente la Rottura Costituente.
Contro il ricatto del salario, per la libertà di tutte e tutti.
Fortunatamente nel frattempo la Dignità è in cammino.

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